Tafani:«La competitività passa dalla sicurezza dei trasporti. Opportunità dalla ricostruzione in Ucraina e Gaza»

Imballaggi, pressing italiano sulla Ue Politica e imprese contro il regolamento europeo: effetti pesanti sulle nostre filiere, spazio alle bioplastiche
Cresce il pressing delle associazioni contro la proposta di regolamento sulla riduzione dei rifiuti da imballaggio in discussione al Parlamento europeo. La proposta, approvata martedì 24 ottobre con 56 voti a favore, 23 contrari e 5 astensioni dalla Commissione Ambiente dell'Europarlamento (Envi), vieta le confezioni in plastica monouso e favorisce il riuso rispetto al riciclo. Due punti contestati, tra gli altri, da Coldiretti, Filiera Italia, Confapi e Legacoop, che hanno ottenuto un incontro a Bruxelles con oltre quaranta europarlamentari italiani di tutti gli schieramenti politici dopo aver scritto, nei giorni scorsi, una lettera congiunta. L'obiettivo? Far emergere le criticità della normativa, prima che venga discussa durante le sedute plenarie che si terranno nella settimana del 20 novembre. Tra i punti più contestati della nuova proposta di regolamento Ue emergono il divieto degli imballaggi monouso «in plastica e in materiale composito» e la volontà di privilegiare gli obiettivi di riutilizzo rispetto a quelli di riciclo. Proprio su quest'ultimo tema, i firmatari dell'appello sottolineano che in Italia il tasso di riciclo complessivo degli imballaggi è arrivato al 73,3% nel 2021. Il dato, superiore all'obiettivo del 70% da raggiungere entro il 2030, indica che quello italiano è un primato che va difeso. Per il presidente di Confapi, Cristian Camisa, «con questo regolamento si mettono a rischio circa 700 mila aziende della filiera, con ripercussioni devastanti su migliaia di posti di lavoro». Un impatto economico rilevante, che avrebbe ricadute negative su «oltre il 30% del Pil nazionale», considerando che la normativa si applicherebbe anche al settore della ristorazione, del catering e degli alberghi. Durante l'incontro a Bruxelles Rosario Rago, componente della Giunta nazionale di Confagricoltura, ha sottolineato il «rischio concreto che vengano danneggiate intere filiere strategiche del made in Italy». Una posizione condivisa anche dal vicepresidente del Senato Gian Marco Centinaio, responsabile del dipartimento Agricoltura e Turismo della Lega, secondo cui «non ha alcun senso spostare l'asse degli imballaggi tutto sul riuso, per chi ha già sviluppato le buone pratiche del riciclo. Ci sono ampi margini per una mediazione che consenta di mantenere in vita le due soluzioni». Il divieto agli imballaggi monouso si applica anche a quelli per prodotti ortofrutticoli freschi se usati per meno di 1,5 kg di frutta e verdura. Si tratta, ad esempio, di reti, sacchetti, vassoi e contenitori. Una misura che rappresenta un ulteriore pericolo per il settore dell'ortofrutta: «Gli imballaggi alimentari sono strategici per la protezione e la conservazione dei prodotti, l'informazione sulla tracciabilità e la loro igiene. Senza contare il rischio della possibile perdita di centinaia di migliaia di posti di lavoro», ha osservato Rago. Nel vietare gli imballaggi monouso, la proposta europea introduce alcune limitazioni sull'uso delle bioplastiche. Il termine racchiude diverse tipologie di materiali, dalle plastiche prodotte da biomasse ma del tutto simili a quelle fatte col petrolio, alle plastiche compostabili e completamente biodegradabili. Un settore in cui l'Italia è capofila, anche grazie alla ricerca d'avanguardia, ma che risulterebbe estremamente penalizzato. Secondo le associazioni, infatti, la proposta di direttiva europea non permetterebbe il ritorno degli investimenti fatti in processi produttivi innovativi e nelle bioraffinerie, annullando i progressi fatti nel settore.

Però pmi e broker avvertono: bisogna fare chiarezza su garanzie, contratti e rimborsi

Catastrofe assicurata

di Anna Messia
ismi, alluvioni e frane, ma anche inondazioni ed esondazioni. Da dicembre 2024 le imprese che hanno la sede o una stabile organizzazione in Italia saranno obbligare a stipulare una polizza contro le catastrofi naturali. A prevederlo è il disegno di legge di Bilancio in questi giorni all`esame del Parlamento e quanto ci sia bisogno di coprirsi dai danni provocati dagli eventi climatici lo dimostrano le cronache dell`ultima settimana, tra l`esondazione del fiume Seveso a Milano e le inondazioni tra Prato e Firenze. Danni enormi che stanno assumendo sempre più peso anche nei conti pubblici, considerando l`alto rischio idrogeologico dell`Italia, con l`aumento dei fenomeni e della loro intensità a causa del cambiamento climatico. Solo negli ultimi dieci anni, secondo quanto calcolato dal Consiglio Nazionale di Ricerca (Cnr), le catastrofi naturali in Italia sono costate quasi 310 miliardi di euro e a pagare finora è stato sempre lo Stato, con tempi spesso lunghi e inevitabili rischi di corruzione. Erano anni che, oltre alla necessità di investire sulla prevenzione, si parlava della possibile introduzione in Italia di un sistema pubblico-privato che avvicinasse l`Italia ad altri Paesi europei (come la Francia o la Germania). Il governo di Giorgia Meloni ha rotto gli indugi, riservando l`intervento, almeno per ora, alle sole imprese (escluse quelle agricole, per le quali c`è il fondo Agricat). La formula è pena dell’obbligatorietà, in cui lo Stato assume «il duplice ruolo di regolatore del mercato assicurativo nel ramo e di riassicuratore, con una garanzia a favore delle compagnie di assicurazione prestata da Sace (fino al 50% degli indennizzi, ndr)», come si legge nella relazione al ddl Bilancio.
Strada obbligata. La manovra potrà essere ancora modificata nel suo iter ma il testo attuale prevede che le imprese senza copertura assicurativa restino escluse «dall`assegnazione di contributi, sovvenzioni o agevolazioni di carattere finanziario a valere su risorse pubbliche, anche con riferimento a quelle previste in occasione di eventi calamitosi e catastrofali». In altri termini, non avranno alcun diritto a ricevere sostegni pubblici o fondi per la ricostruzione post-catastrofi. Un bell`incentivo ad acquistare una polizza. Anche le compagnie assicurative, dal canto loro, saranno però obbligate a offrire la copertura assicurativa, magari lavorando in pool, con il rischio di ricevere una multa compresa tra 200 mila e un milione di euro in caso di rifiuto. Un obbligo a contrarre che al momento nel mercato assicurativo era previsto solo nel ramo Rc Auto e che non ha mancato di sollevare discussioni tra gli operatori, così come altri aspetti dell`articolo 24 del disegno di legge che ha introdotto le nuove norme sul rischi catastrofali.
Abitazioni grandi escluse. Il fatto, si osserva, è che le maggiori carenza di coperture assicurative contro le catastrofi non sono tanto tra le imprese quanto tra le abitazioni private. Secondo gli ultimi elaborati da Ania, buona parte delle imprese più grandi (quelle con più di 250 addetti) hanno infatti già oggi una copertura contro le catastrofi naturali e i rischi climatici. Percentuale pari per la precisione al 78%, che scende proporzionalmente al diminuire della dimensione delle imprese. La diffusione di polizze anti-catastrofi tra le imprese che hanno tra 50 e 249 dipendenti è infatti pari al 67% e si riduce al 55% tra quelle più piccole (10-49 dipendenti) per crollare addirittura al 5% tra le micro-imprese, ossia quelle che hanno meno di 9 dipendenti. La norma va quindi a incidere in particolare su queste ultime, ma restano fuori le abitazioni private, che hanno anch`esse una percentuale di assicurazioni anti catastrofi decisamente esigua, pari sempre a 5%, nonostante circa il 40% delle case sia per esempio in zone a media o elevata pericolosità sismica. Un`accelerazione delle coperture per i privati c`è stata dopo che, a decorrere dal 2018, sono state previste agevolazioni fiscali, con l`esenzione dell`imposta sui premi e la detrazione del 19% di quanto versato. Quindici anni fa le case con polizze catastrofali erano praticamente pari zero; in ogni caso, come visto, i numeri restano piccoli e la manovra non ha previsto incentivi per aumentarli.
So s trasparenza. Le altre questioni da chiarire riguardano poi la concreta applicazione delle norme e in particolare la trasparenza degli eventuali rimborsi. L`obbligo di una polizza anti-catastrofi «rappresenta un aumento di costi per le imprese, ma stiamo parlando di uno di quei casi in cui la mutualizzazione, ovvero il trasferimento del rischio a chi può gestirlo, è un fattore positivo. Spesso le piccole e medie aziende non riescono a far fronte alle
conseguenze dovute a eventi atmosferici gravi, estremi e imprevedibili, che, se avvengono, le mettono in ginocchio con il rischio di farle chiudere», dice Cristian Camisa, presidente di Confapi, la confederazione italiana della piccola e media industria privata. Bisognerebbe però adottare due accorgimenti affinché lo strumento che il governo intende adottare funzioni, suggerisce. «Il primo è che le forme contrattuali che dovessero essere stipulate abbiano caratteristiche simili e clausole comuni definite dalle autorità assieme alle imprese assicuratrici per evitare che ci possano essere modelli assicurativi completamente differenti e che vi siano problemi in caso di richiesta di risarcimento del danno». La seconda, dice, «è che venga creato un tavolo di lavoro che si occupi delle perizie, composto da più imprese assicuratrici in cui anche le associazioni datoriali possano avere un ruolo, nell`ottica di non lasciare sola la piccola impresa contro la grande impresa assicuratrice in un momento complicato». Anche sulle coperture ci sarà bisogno di fare chiarezza, aggiunge Flavio Sestilli, presidente di Aiba (l`associazione dei broker assicurativi). «Nelle casistica citata nella manovra non si parla per esempio di grandine e trombe d`aria, che pure sono sempre più frequenti» dice. «Sulle polizze non è prevista poi alcuna agevolazione rispetto all`attuale tassazione del 22,25% dei premi (con lo Stato che vedrebbe quindi crescere i suoi introiti con le nuove polizze, ndr)», conclude, «e anche la riassicurazione di Sace, fino a 5 miliardi, rischia di non essere sufficiente in caso di un evento particolarmente rilevante».

Proposta di regolamento Ue Imballaggi e rifiuti Le sigle scrivono alla premier La proposta di regolamento Ue sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio se approvata nella sua attuale formulazione provocherebbe effetti pesantemente negativi sulle filiere produttive nazionali e sui consumatori oltre che opposti agli obiettivi di sostenibilità che dichiara di voler perseguire. Mette in discussione il riciclo dove l'Italia è leader e non tiene conto di soluzioni più sostenibili come le bioplastiche totalmente biodegradabili. È quanto scrivono Coldiretti, Filiera Italia, Cia, Confapi, Ancc-Coop, Ancd-Conad, Legacoop, Legacoop Agroalimentare, Legacoop Produzione&Servizi, Ue.Coop, Fai Cisl E Uila alla presidente del consiglio Giorgia Meloni.

Superbonus, ora si rischia il tracollo
Del Piano (Confapi): «Servivano correzioni, invece l'hanno decapitato»

Davvero non era meglio morire da piccoli, com'è (per età) il Superbonus 110% «per l'edilizia. Almeno, così la pensa chi, di mattoni e cemento, vive: «Avevamo segnalato subito che qualcuno poteva approfittarne, e non ci hanno ascoltati. Adesso buttano via il bambino con l'acqua», si amareggia il cagliaritano Giorgio Del Piano, presidente nazionale di Confapi Aniem (categoria edilizia). «Rischiamo un cimitero di imprese, per eccesso di reazione: gli errori si correggono, e li avevamo segnalati a partire da quel i uni che sarebbe dovuto essere al massimo un 90%, invece il Governo decapito il Bonus e un intero settore produttivo. Per gli edili c'era uno spazio di manovra, invece da Palazzo Chigi è giunta una Manovra con la maiuscola: affossa l'incentivo che mai è piaciuto a Giorgia Meloni. La premier aveva detto più volte che in cassa non ci sono soldi proprio a causa sua, preannunciandone la dipartita. Che cosa cambia Dal primo gennaio l'edilizia per ristrutturazioni ed efficientamento energie, assieme alle case e ai condomini, dirà addio alla cessione del eredito per lo sconto in fattura, E nemmeno c'è una proroga per i condomini che hanno ancora diritto al non. Diventerà strutturale la detrazione delle spese in dieri anni per favorire i redditi bassi, che so[1]no a rischio di non riuscire a pagare le tasse. Malo sconto in fattura va in archivio. E’ una rivoluzione mica da poco: nei palazzi in cui entro l'anno si termina il secondo stato di avanzamento dei la[1]vori, tutto ok per 1160% della spesa. L'altro 4°%, però, dev'essere saldato entro il 2023, sperando che l'impresario per farla breve - non li freghi: più che fiducia, è richiesta fede. Se invece si paga gradualmente, lino alla conclusione del cantiere, il bonus rimane comunque, ma è ridotto al 7o%. Sono sberle. imprenditori Com'è immaginabile, le misure del Governo che riducono la portata del Bonus 110% non trovano le lodi sperticate di Giorgio Del Piano: «Avrebbero poti e o correggere in tempo. non arrivare ora con Facce), aggiunge il presidente nazionale di Confapi Aniem, «non può assicurare agli imprenditori strumenti economici che poi revoca: prima ai decidono, poi arriva qualcun al[1]tro che sfascia tutto, Quante imprese edili andranno in rovina per questo? si chiede il loro rappresentante nazionale. «Peraltro, e questo l'avevamo detto subito, un Bonus che si chiamano dà l’illusione a chi ne fa ricorso, non solo di non spendere, ma perfino di guadagnare dalla ristrutturazione e dall'efficientamento energetico del Proprio immobile, o del condominio in cui abita. Anche questo, ha favorito situazioni anomale che però non sono le vie attraverso le quali si muove il mondo imprenditoriale». Insomma, per colpa di alcuni pagano tutti: imprese e cittadini. Dei Piano ammonisce: «In Sardegna non abbiamo la grande industria, si vive di turismo ed edilizia. Questo colpo si rifletterà negativamente su tutto il tessuto economico dell'Isola. Ci sarà da soffrire».

La proposta di Regolamento Ue sugli imballaggi nella sua attuale formulazione provocherebbe effetti negativi sulle filiere produttive italiane ma aumenterebbe del 180% le emissioni di CO2 e di circa il 240% in più di consumo d'acqua. I quanto scrivono Coldiretti, Filiera Italia, Cia, Confapi, Ancc-Coop, Ancd-Conad, Legacoop (Agroalimentare, Produzione&Servizi), Ue.Coop, Fai-Cisl e Uila-Uil al premier Giorgia Meloni e ai ministri chiedendo al governo di intervenire con Bruxelles.

CACCIA AI TALENTI CON MENO TASSE


Difficile per le Pmi intercettare le richieste delle giovani generazioni. Camisa (Confapi): orario di lavoro spalmato
su 4 giorni, detassare gli straordinari e i premi di produttività. Ma servono investimenti nel digitale

di ISIDORO TROVATO


In tempi di intelligenza artificiale, di rivoluzione digitale, di automazione e tecnologia, è più che mai necessario interrogarsi sul futuro del mondo del lavoro. Lo ha fatto anche Confapi (Confederazione italiana della piccola e media industria) che ha condotto l`indagine «Il futuro del lavoro. I fattori del cambiamento», per conoscere e analizzare i fattori che stanno cambiando il mondo dell’occupazione. «Oggi più che mai è giusto indagare il mercato - afferma Cristian Camisa, presidente di Confapi -: perché possa esserci incontro tra domanda e offerta bisogna esplorare a fondo le esigenze, soprattutto dei più giovani. Per loro le Pmi, a differenza del passato, rappresentano il luogo ideale dove lavorare: la piccola o media impresa innovativa garantisce qualità della vita, flessibilità, si lavora vicino casa e si può instaurare un rapporto più empatico con il datore di lavoro». Proprio flessibilità e qualità della vita rappresentano le due voci che stanno caratterizzando il cambiamento del mondo del lavoro dopo la pandemia: non c`è azienda, di qualsiasi settore, che non sia in difficoltà nel selezionare la forza lavoro. Anche dall`indagine di Confapi emerge chiaramente che oggi, soprattutto i più giovani, chiedono orari più gestibili, lavoro agile, possibilità di smart working e, a differenza del passato, raramente sono disposti a a scendere a compro- messi. «In Italia mancano almeno un milione e 200 mila lavoratori osserva Camisa -, si tratta di forza lavoro senza la quale le aziende non possono rilanciare la produttività e pianificare nuovi investimenti. Il rinnovo dei contratti che si profila all`orizzonte non potrà più essere basato soltanto sugli aumenti, serve una piattaforma di impegni che venga incontro alle aspettative dei più giovani per evitare che decidano di andare all`estero dove il mercato è più vicino alle loro richieste».
Le idee
Per agevolare un dialogo con il capitale umano però servono idee e proposte: il mondo del lavoro invece sembra riproporre sempre le stesse dinamiche: poca tecnologia, poca flessibilità e retribuzioni basse. «Bisogna partire da un presupposto avverte il presidente di Confapi -. In Italia non può calare la produttività, bisognerebbe, anzi incrementarla per mettersi al passo con le nazioni più veloci. La nostra proposta è quella favorire la flessibilità spalmando le 4o ore lavorative settimanali su quattro giorni anziché cinque, per garantire più tempo libero. Inoltre proponiamo la detassazione degli straordinari e dei premi di produzione. Si tratterebbe di provvedimenti capaci di rispondere contemporaneamente alle esigenze di lavoratori e imprese».
Il capitale umano
Sul tavolo del governo c`è la detassazione della tredicesima, potrebbe bastare? «Potrebbe essere un buon
punto di partenza - afferma Carnisa -, ma è un provvedimento che da solo non può bastare, l`obiettivo dovrebbe essere quello di aumentare il potere di acquisto dei lavoratori portando qualche sgravio fiscale ai datori di lavoro, ecco perché in tal senso la detassazione degli straordinari sarebbe molto più efficace». L`indagine di Confapi evidenzia anche una necessità di tecnologia e digitale nelle Pmi italiane che però fanno fatica a investire in innovazione, ricerca e sviluppo. «Serve una rivoluzione culturale che metta digitale e intelligenza artificiale tra le priorità delle piccole e medie italiane però per incrementare gli investimenti delle imprese è indispensabile aumentare la produzione. Per riuscirci bisogna aumentare la forza lavoro, trovare personale specializzato. Da inizio d`anno sono stati creati più di 30o mila posti di lavoro in Italia e in percentuale sono aumentati i contratti a tempo indeterminato. La precarizzazione del lavoro, oggi più che mai, è ciò che le aziende non vogliono. C`è un disperato bisogno di forza lavoro specializzata magari attraverso il modello tedesco (sistema duale) in cui si va a lavoro e a scuola contemporaneamente. Bisognerebbe affinare il match tra domanda e offerta di occupazione a livello locale: le esigenze del mercato del lavoro di Milano sono profondamente diverse da quelle di Modena o Catania. E, infine, serve un dialogo costante e diretto tra governo e Pmi per varare leggi che siano della taglia giusta per il nostro tessuto produttivo». © RIPRODUZIONE RISERVATA

Il governo fermi la follia della Ue sugli imballaggi Associazioni di categoria e sindacati sottoscrivono un appello per bloccare il regolamento europeo che penalizza il riciclo Associazioni di categoria e sindacati chiedono l'intervento di governo e Parlamento per bloccare il Regolamento Ue sugli imballaggi che privilegia il riuso a scapito del riciclo. La norma, in fase di approvazione al Trilogo europeo, penalizza severamente l'Italia che è campione del riciclo. Primo firmatario dell'appello è il presidente della Coldiretti Ettore Prandini. «La proposta di Regolamento sugli imballaggi se approvata nella attuale formulazione provocherebbe effetti pesantemente negativi sulle filiere produttive nazionali e sui consumatori» si legge nella missiva, «oltre che opposti agli obiettivi di sostenibilità che dichiara di voler perseguire. Mette in discussione il riciclo dove l'Italia è leader e non tiene conto di soluzioni più sostenibili come le bioplastiche totalmente biodegradabili». C'è un motivo che ha indotto i rappresentanti del mondo produttivo a rivolgersi al governo chiedendo un intervento urgente. «L'attuale presidenza spagnola della Ue sta accelerando ulteriormente il negoziato cercando di far approvare un orientamento generale già al Consiglio ambiente del 18 dicembre e si rende quindi necessaria un'azione per fermare tale proposta che scrivono le associazioni firmatarie stravol- ge completamente la strategia finora utilizzata per la riduzione dei rifiuti di imballaggio passando dal principio del riciclo che ha caratterizzato tale strategia negli ultimi anni a quella del riuso. Il nostro Paese ha già raggiunto in termini di riciclo obiettivi superiori alla stragrande maggioranza degli altri Paesi: il tasso di riciclo complessivo degli imballaggi in Italia ha raggiunto quota 73,3% nel 2021, superando l'obiettivo del 70% fissato per il 2030». Un dato che ci colloca al secondo posto in Europa per riciclo pro-capite. «Rimettere in discussione questo modello ormai consolidato rischia di vanificare gli sforzi e gli obiettivi raggiunti finora, generando un impatto estremamente pervasivo che rischia di colpire oltre il 30% del nostro Prodotto interno lordo», prosegue l'appello. «Il danno non sarebbe infatti limitato alle sole aziende degli imballaggi ma riguarderebbe a ritroso filiere fondamentali per il nostro Paese quali l'intero settore agroalimentare, dalla produzione, alla trasformazione e distribuzione, mettendo a rischio decine di migliaia di imprese e centinaia di migliaia di posti di lavoro. Non è pensabile, tra l'altro, che le abitudini consolidate di milioni di consumatori possano essere stravolte con un semplice tratto di penna». Il documento è stato sottoscritto anche da Luigi Scordamaglia, amministratore delegato di Filiera Italia e dai presidenti di Cia-Agricoltori italiani (Cristiano Fini), Confapi (Cristian Camisa), Ancc-Coop (Marco Pedroni), Legacoop (Simone GamberiLegacoop Agroalimentare (Cristian Maretti), Legacoop Produzione & Servizi (Gianmaria Balducci) e dal segretario generale di Ancd Conad Alessandro Beretta. Oltre ai segretari dei due sindacai Fai Cisl (Onofrio Rota) e Uila (Stefano Mantegazza). ATTILIO BARBIERI ) RIPRODUZIONE RISERVATA

Gli imprenditori delle piccole imprese italiane che, non scordiamolo mai, rappresentano l'ossatura del nostro sistema industriale, vivono l'incubo della «forbice». Dove l'utensile d'acciaio di norma utilizzato per tagliare, a loro ricorda un problema enorme che li riguarda nell'esercizio della propria attività: la forbice assai larga di tassazione tra la piccola e la grande impresa. Lo ha ricordato, nei giorni scorsi, anche il presidente di Confapi, Cristian Camisa, associazione che rappresenta molte realtà delle pmi. Sottolineando la necessità che debba ridursi quella forbice oggettiva[1]mente assai dannosa. Infatti, per via di patent box e altre normative vigenti, il tax rate per le aziende di grandi dimensioni, nella maggior parte dei casi, non supera i125 per cento. Mentre le imprese di dimensioni assai più contenute, ovvero le pmi, si vedono costrette a fa[1]re i conti con un drammatico 60% e talvolta la percentuale va anche oltre. Il che non dovrebbe succedere. Perché l'Italia che si regge su un sistema d'impresa a fortissima vocazione pmi accetta che i piccoli paghino più tasse rispetto alle espressioni della grande industria e delle multinazionali? Già, perché? L'incubo non è fenomeno nato di recente, lo sappiamo. I piccoli imprenditori dormono male da quel dì. Perché, storicamente, la politi[1]ca li trascura, pensa ad altro, persegue il metodo delle relazioni con soggetti che amano la vetrina e da cui possono ottenere (o si illudono di ottenere) benefici tangibili. Nel capitalismo relazionale non vi può essere posto per le pmi. E non è che i piccoli imprenditori bramino per frequentare quei tavoli. Loro desiderano solo di essere messi nelle condizioni di poter svolgere la propria missione alla pari. Cioè, senza privilegi di sorta ma anche senza immotivate discrepanze. Ecco allora che i decisori pubblici dovrebbe finalmente dare un segnale di discontinuità. E ricorrere alla forbice per dare un taglio a questo deprimente disallineamento. Insomma, basta incubi per gli imprenditori delle pmi.

APPELLO AL GOVERNO In pericolo le filiere produttive nazionali con perdita di migliaia di posti di lavoro. Riflessi negativi che ricadrebbero sui consumatori «No alle misure sugli imballaggi» Le associazioni scrivono alla Meloni per bloccare il regolamento Ue che «penalizza il riciclo»

ANGELA BRUNI

Le nuove misure con cui la Commissione europea vuole tutelare il Pianeta scatenano polemiche e reazioni, in particolare dove viene messo in discussione il sistema del riciclo, tanto che alcune associazioni hanno deciso di scrivere a Giorgia Meloni. «La proposta di Regolamento sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio se approvata nella sua attuale formulazione provocherebbe effetti pesantemente negativi sulle filiere produttive nazionali e sui consumatori oltre che opposti agli obiettivi di sostenibilità che dichiara di voler perseguire. Mette in discussione il riciclo dove l'Italia è leader e non tiene conto di soluzioni più sostenibili come le bioplastiche totalmente biodegradabili». E quanto scrivono Coldiretti, Filiera Italia, Cia, Confapi, Ancc-Coop, Ancd-Conad, Legacoop, Legacoop Agroalimentare, Legacoop Produzione&Servizi, Ue.Coop, Fai-Cisl E Uila Uil al presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni, ai ministri coinvolti direttamente, ai presidenti dei gruppi politici della Camera e Senato e ai Capi delegazione Parlamento. In particolare, sottolineano le associazioni firmatarie l'attuale Presidenza spagnola sta accelerando il negoziato cercando di far approvare un orientamento generale già al Consiglio ambiente del 18 dicembre e si rende quindi necessaria un'azione per fermare tale proposta che stravolge completamente la strategia finora utilizzata per la riduzione dei rifiuti di imballaggio passando dal principio del riciclo che ha caratterizzato tale strategia negli ultimi anni a quella del riuso. Il nostro Paese è diventato negli ultimi anni punto di riferimento globale nel materiale innovativo riciclabile ed ha già raggiunto in termini di riciclo obiettivi superiori alla stragrande maggioranza degli altri Paesi. Rimettere in discussione questo modello rischia di colpire oltre il 30% del nostro Prodotto Interno Lordo. Il danno non sarebbe limitato alle sole aziende degli imballaggi ma riguarderebbe a ritroso filiere fondamentali quali l'intero settore agroalimentare, dalla produzione, alla trasformazione e distribuzione, mettendo a rischio decine di migliaia di imprese e centinaia di migliaia di posti di lavoro». «Per il settore agroalimentare in particolare, proseguono le associazioni la proposta impatta negativamente il confezionamento stesso dei prodotti, mettendo a rischio gli attuali standard di sicurezza e qualità alimentare, con il conseguente rischio di aumento degli sprechi dovuto alla maggiore deperibilità degli alimenti venduti senza confezione». «Altro esempio rappresentativo sarebbe l'obbligo di passare dal riciclo al riuso nel settore dell'Ho.re.ca. Immaginiamo la difficoltà di sostituire ad esempio, nel servizio d'asporto, le stoviglie monouso riciclatili con materiale in plastica da riutilizzare che andrebbero restituite dal consumatore ogni volta al ristorante di provenienza».

Alla fine il governo ha deciso di mettere la fiducia alla Camera sul decreto legge sulla cessione dei crediti. Non è andata quindi in por[1]to la strategia ostruzionisti[1]ca del Movimento 5 Stelle che aveva deciso di iscrive[1]re a parlare 49 deputati, che avendo 30 minuti ciascuno, avrebbero sforato le 24 ore. Il Movimento guidato da Giuseppe Conte difende ad oltranza il superbonus. Il re[1]latore De Bertoldi, di Fratelli d'Italia, in aula ha ricorda[1]to che il governo ha «eredi[1]tato una situazione contraddistinta da frodi, stimate in oltre 9 miliardi» e che ci so[1]no crediti bloccati «stimati tra i 15 e i 20 miliardi». Alle accuse i grillini rispondono che era una misura necessaria per immettere liquidità in un Paese che viveva una pandemia che aveva blocca[1]to tutto. E che le frodi «sul superbonus sono pari a circa 450 milioni, cioè lo 0,7 per cento di tutti i crediti d'imposta» ha dichiarato il deputato Dell'Olio del Movimento 5 Stelle. Giuseppe Conte ha definito il decreto «scellerato» che «non offre soluzioni reali». E poco importa se le imprese chiedono un'accelerata al governo. Sul superbonus l'esecutivo «sta lavorando alacremente. La soluzione verso cui si sta andando, quella della piattaforma per smaltire i crediti incagliati gestita dalla società pubblica Enel X insieme al[1]la possibilità di smaltire le detrazioni fiscali in dieci an[1]ni invece che in quattro, è fra quelle che avevamo ri[1]chiesto» ha detto il presi[1]dente di Confapi, Cristian Camisa, alla celebrazione dei 75 anni della Confedera[1]zione. Il suo invito è «di fare presto perché i nostri imprenditori sono disperati. Su 19 miliardi di crediti, tre si riferiscono ad imprese Confapi». Dopo l'annuncio del ministro dell'economia Giancarlo Giorgetti sulla fiducia posta dal governo sul decreto il provvedimento è stato modificato in commissione Finanze in seguito alle richieste della Ragioneria di Stato che ha sollevato alcuni rilievi riguardo all'emendamento approvato in commissione. I Btp, buoni del tesoro poliennale, saranno esclusivamente frutto di emissione ordinaria e non straordinaria, senza emette[1]re quindi ulteriore debito. Le modalità applicative della norma verranno decise con provvedimenti di natura direttoriale dell'Agenzia delle Entrate e dal Ministero dell'Economia e delle Finanze, sentita la Banca d'Italia. La votazione, per appello nominale, avverrà oggi a partire dalle 18, mentre le dichiarazioni di voto sono previste a partire dalle 16.30. Nella seduta di lune[1]dì 3 aprile i lavori riprende[1]ranno a partire dalle 11 sino alle 17.30 per l'illustrazione degli ordini del giorno e per l'espressione del parere da parte del rappresentante del governo. Dalle 17.30 si[1]no alle 20, con prosecuzione notturna dalle 21 alle 24 ed eventualmente il 4 aprile a partire dalle 9.30 alle 12, avrà luogo la votazione de[1]gli ordini del giorno. Dalle 12 avranno luogo con ripresa televisiva le dichiarazioni di voto finale e la votazione finale. Il termine per la presentazione degli ordini del giorno è fissato alle 13 di oggi. La Lega esulta, il senatore della Lega Stefano Borghesi, capogruppo in commissione Finanze a Palazzo Ma[1]dama ha dichiarato: «Ottimo lavoro per quanto riguarda il nodo sui crediti incagliati perché, grazie al ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, e stata esclusa l'ipotesi di ricorrere ai modelli F24 per la cessione dei crediti e si va verso una piattaforma che avrebbe come capofila Enel-X. La sinistra si metta il cuore in pace perché, finalmente, con questo governo la Lega concretizza un lavoro fina[1]lizzato al bene di famiglie e imprese italiane».