Roma, 17 gennaio – “Partiamo dal presupposto che il lavoro, alla base della crescita e dello sviluppo del Paese, lo crea l’impresa – dichiara Maurizio Casasco, presidente di Confapi – Era per questo che, per quanto riguarda il reddito di cittadinanza, avevamo proposto di impiegare il 50% delle risorse destinate al finanziamento della misura a favore delle imprese che decidono di formare, per 3 anni, i giovani potenziali beneficiari, magari con una premialità se tale percorse si chiude con l’assunzione”.
“Ora più che mai, però, non si può perdere tempo in sole critiche e bisogna costruire. A tal proposito – continua Casasco – le associazioni datoriali come Confapi, radicate sul territorio e profonde conoscitrici dei bisogni locali, possono svolgere, ancor prima che la riforma dei centri dell’impiego trovi il suo compimento, un ruolo fondamentale per agevolare l’incontro tra offerta e domanda di lavoro, svolgendo un ruolo di cerniera grazie alla loro credibilità e conoscenza delle realtà produttive locali. “Siamo pronti a fare la nostra parte – sottolinea Casasco – sicuri che l’esperienza dei nostri imprenditori e il loro radicamento nel tessuto produttivo locale possano aiutare realmente a instradare coloro che sono senza lavoro verso un’occupazione attiva e dignitosa. Oggi viviamo il paradosso di aziende che faticano a trovare, specialmente al nord, manodopera specializzata, a fronte di tassi di disoccupazione giovanile tra i più alti in Europa: attraverso i nostri enti bilaterali e di formazione saremmo anche in grado di sviluppare percorsi di qualificazione professionale specifici per le esigenze di ciascun territorio e settore produttivo”.
Le tematiche del lavoro sono strettamente connesse alle politiche di welfare e alle criticità dell’attuale sistema previdenziale in cui sono i lavoratori attivi, con i loro contributi, a pagare le pensioni di chi è già uscito dal mondo del lavoro. “Un sistema di questo tipo – precisa il Presidente Casasco – può essere garantito solo se al centro delle azioni politiche c’è lo sviluppo industriale, la progettazione di nuove infrastrutture e l’ammodernamento di quelle già esistenti, la competitività e il lavoro. Viceversa, in assenza di politiche industriali di ampio respiro, è difficile ipotizzare un sistema di welfare che, anche a livello contrattuale, tenga conto della necessità della prevenzione e dei diversi gradi di efficienza fisica con i quali si può arrivare al momento del ritiro dal lavoro”.
“Condividiamo – conclude Maurizio Casasco – l’introduzione di misure di sostegno sociale in favore delle fasce più deboli, ma siamo convinti che sia prioritario creare opportunità di lavoro per i giovani, sostenere le imprese senza gravare ulteriormente la spesa pubblica e adeguando a criteri ancor più innovativi sia il sistema di welfare sia quello previdenziale”.