Roma, 15 aprile – “Siamo preoccupati, poiché il rallentamento economico ha ridisegnato le stime di crescita del prossimo triennio e ha costretto il Governo a rivedere e rallentare la messa in opera di misure che da subito avrebbero potuto dare slancio alla nostra economia”.
È quanto dichiara Confapi, l’associazione che raccoglie oltre 83 mila Pmi private italiane, intervenuta oggi in audizione presso le commissioni bilancio di Camera e Senato per esprimere le proprie valutazioni sul Documento di Economia e Finanza 2019.
Entrando nel merito del “Decreto crescita” e del decreto “Sblocca cantieri”, “cominciamo con il dire che non vogliamo pensare neanche per l’anno a venire ad aumenti IVA. Superfluo sottolineare che un aumento dell’imposta “minerebbe” ulteriormente la competitività delle imprese, determinando una contrazione dei consumi e una diminuzione importante della domanda interna, con conseguenze altrettanto negative sull’intero sistema economico produttivo”.
Come rileva l’associazione, la pressione fiscale in Italia si attesta oggi al 42,1% del Pil, il cuneo fiscale è 10 punti oltre la media europea e il tax burden totale di quasi 25 punti superiore. “È evidente che questo divario, oltre ad ingessare la nostra economia, ci penalizza in termini di competitività. È importante virare verso una fiscalità che tenga conto delle caratteristiche dimensionali delle imprese e che consenta una riduzione del cuneo fiscale. L’introduzione della cosiddetta Mini-Ires, contenuta nel Decreto Crescita, è una misura a nostro avviso condivisibile in quanto introduce un meccanismo semplice e immediato e, come tale, utile anche alle Pmi. Così come abbiamo apprezzato la riforma delle tariffe dei premi di assicurazione Inail che prevedono una riduzione dei tassi medi pagati dalle imprese”.
Contestualmente però ad una politica generale dell’abbattimento del cuneo fiscale, per Confapi “occorre rendere strutturale la detassazione degli aumenti retributivi definiti a livello di contrattazione nazionale. Il gettito annuale dell’Inps non subirebbe variazioni rispetto agli anni precedenti, gli aumenti andrebbero direttamente nelle tasche dei lavoratori, crescerebbero i consumi, la domanda interna e quindi il Pil”.
Sull’Imu, “condividiamo l’intervento, contenuto nel Decreto crescita, con il quale si prevede un graduale aumento della deducibilità dell’imposta. Un altro intervento dovrebbe prevedere un’esenzione parziale dall’imposta per quei capannoni industriali che, a seguito di un ridimensionamento dell’attività d’impresa, non vengono più utilizzati nell’esercizio corrente”.
Per quanto riguarda le infrastrutture, per Confapi sono prioritarie la l’alta velocità, il Terzo Valico, la Pedemontana Lombarda e piemontese, i porti e la banda ultralarga.
Quanto ai settori da sostenere, “l’edilizia è fondamentale e strategica per il rilancio di qualunque economia immobiliare di un Paese: il decreto sblocca cantieri deve essere improntato alla semplificazione e allo snellimento burocratico delle procedure nonché alla partecipazione delle Pmi e deve prevedere misure ed interventi volti a rilanciare la fase di stallo delle opere pubbliche”.
Confapi ritiene urgente la semplificazione burocratica, a partire dal Codice Appalti. Il costo della burocrazia pesa sulle casse delle Pmi circa 30 miliardi di euro ogni anno ed oltre ad ingessare la nostra economia, ci penalizza in termini di competitività. Nel rapporto internazionale che misura la "facilità" del sistema fiscale, l'Italia si classifica ultima in Europa e 141ª nel mondo. In Italia un imprenditore medio effettua in un anno 15 versamenti al fisco, 6 in più di un suo collega tedesco, 7 in più di un inglese, di uno spagnolo o di un francese e 9 in più di uno svedese.
Infine, Confapi ha già sottolineato come l’entrata in vigore del nuovo codice della Crisi d’impresa e dell’insolvenza rischia di avere un effetto dirompente sulle pmi, soprattutto su quelle meno strutturate. Infatti, la norma inasprisce i requisiti per l’obbligo di dotazione di un organo di controllo esterno e determina l’ennesima estensione di responsabilità nei confronti degli organi societari dell’impresa, in funzione di un non meglio definito momento della vita aziendale, gravando l’azienda di ulteriori oneri relativi all’adozione di appositi modelli e organi di controllo.