In Veneto - e a Padova in particolare - il tasso di disoccupazione è ai livelli della Germania. Segno tangibile che la ripresa è in pieno corso. E tuttavia ci sono nazioni, come Repubblica Ceca, Ungheria e Romania, che contano su numeri ancora più positivi, dopo anni di crisi. Un “fenomeno”, questo, che spinge a interrogarsi: cosa accadrebbe se la manodopera dell’Est Europa che oggi riveste un ruolo importante nell’economia del territorio veneto, spinta dai segnali di crescita, lasciasse l’Italia per rientrare nel proprio Paese?
Fabbrica Padova, centro studi di Confapi Padova, ha preso in esame i dati appena rilasciati dall’Eurostat, relativi al 2017, e li ha incrociati con quelli su base territoriale di Veneto Congiuntura e dell’Istat, relativi alla presenza delle comunità citate nel territorio della provincia. In Veneto il tasso di disoccupazione si attesta al 6,3%, all’incirca sui livelli di Lombardia (6,4%) ed Emilia Romagna (6,6%). Nella provincia di Padova, nello specifico, le assunzioni nel 2017 hanno riguardato 88.545 lavoratori italiani e 29.175 stranieri, con un saldo occupazionale positivo tra nuovi contratti e cessazioni di 6.370 posti di lavoro (4.370 destinati a cittadini italiani, 2.000 a stranieri). La situazione è ben diversa nelle altre aree d’Italia: la regione italiana peggiore è stata la Calabria, dove si è toccato un tasso di disoccupazione del 21,6%, percentuale quasi doppia rispetto all’11,2% registrato dall’Istat a livello nazionale. Confrontando la situazione italiana con quella europea, si nota come i quadri a tinte più fosche siano quelli di Grecia (20,9%) e Spagna (16,4%), che con le loro regioni occupano le prime dieci posizioni per i valori di disoccupazione più alta. Ma quello che colpisce è che il tasso di disoccupazione in Romania si attesti al 4,6%, in Ungheria al 3,9% e in Repubblica Ceca al 2,3%.
“Da queste statistiche - afferma il presidente di Confapi Padova, Carlo Valerio - discendono due considerazioni. La prima: quando, più di un anno fa, sostenevamo che per le nostre imprese il peggio era alle spalle e che l’economia stava ripartendo, in molti ci accusavano di eccessivo ottimismo, ma i dati relativi all’occupazione stanno ribadendo proprio quello che pensavamo, ovvero che la ripresa è in essere. E a chi sottolinea che aumentano solo i contratti a tempo determinato rispondo dicendo che parliamo, in ogni caso, di posti di lavoro che prima non c’erano e che la situazione italiana riguardo ai contratti a tempo determinato e indeterminato è molto simile a quella di nazioni che storicamente prendiamo come punti di riferimento, a partire dalla Germania”.
La seconda considerazione di Valerio prima ancora che dai numeri parte l’esperienza diretta che chi fa impresa matura ogni giorno. “In certi settori, come edilizia e costruzioni – sottolinea - ci sono lavori che sono svolti esclusivamente da manodopera straniera, perlopiù dell’Est Europa. Cosa accadrebbe se queste stesse persone rientrassero nei loro paesi d’origine, dove, oggi, esiste quell’offerta di lavoro che ieri mancava? Sono nazioni in cui il tasso di crescita demografica è sensibilmente più alto del nostro - 1,53 nascite per donna in Repubblica Ceca, 1,52 in Romania, 1,44 in Ungheria, solo 1,37 in Italia - ed è anche questo un elemento che vale la pena di considerare: se in questi paesi la popolazione cresce, per forza aumenta anche la necessità di manodopera interna, con il ‘rischio’ di depauperare ulteriormente la forza lavoro presente in Italia. Per cui mi chiedo: chi svolgerà certi compiti, visto che, come testimoniano proprio le analisi svolte negli scorsi mesi dal nostro centro studi Fabbrica Padova, non solo i nostri giovani non vogliono più fare gli operai, ma le stesse scuole non formano più i ragazzi ed è aumentata a dismisura la distanza tra la domanda delle imprese e l’effettiva offerta di forze lavoro? So che il tema è scomodo e può non piacere, ma credo che vada affrontato con più programmazione e meno demagogia”.
In base ai dati Istat del 2017 la popolazione romena in provincia di Padova conta su 30.797 persone, pari al 25,8% della comunità straniera in totale. Più ridotta la presenza ungherese (185 persone, pari allo 0,20%) e ceca (76, pari allo 0,08%).