“Occorre ridisegnare la governance, l’organizzazione, le politiche di reclutamento e valutazione delle risorse umane coinvolgendo in questo processo anche le Associazioni, come la nostra, che hanno radicamento sul territorio e conoscono la realtà produttiva esistente. Nonostante il potenziamento funzionale dei centri dell’impiego e i reiterati programmi di assunzione, rileviamo con dispiacere che tutt’ora questo sistema non riesce nemmeno a realizzare la mission principale di essere il ‘facilitatore’ dell’incontro tra domanda e offerta di lavoro”. È la posizione espressa questa mattina da Confapi nel corso dell’audizione presso la Commissione Lavoro del Senato in merito all’indagine conoscitiva sul funzionamento dei servizi pubblici per l’impiego in Italia e all’estero.
A rappresentare la Confederazione Italiana delle Pmi è stato il vicepresidente di Confapi Roma e membro di Giunta, Vincenzo Elifani. “La capacità di erogare misure di politiche attive attraverso efficaci servizi per il lavoro – ha detto – costituisce il metodo che negli altri Paesi europei, negli ultimi anni e malgrado la crisi, ha garantito risultati importanti. Germania e Francia, ad esempio, hanno aumentato sensibilmente l’investimento in servizi per il lavoro proprio nella fase in cui la crisi economica era più acuta, riuscendo così a contenere la disoccupazione giovanile. Nel 2015, l’Italia ha speso 750 milioni di euro per i servizi pubblici per l’impiego, cifra che serve a coprire il costo di circa 9 mila dipendenti. Questo investimento è di gran lunga inferiore rispetto ai 5,5 miliardi di euro spesi ad esempio dalla Francia e agli 11 miliardi sostenuti dalla Germania. Nel nostro Paese, se la spesa destinata ai servizi per il lavoro fosse stata in linea con la media europea (0,21% del Pil), si sarebbero dovuti stanziare circa 3,5 miliardi”.
Per Confapi “Il Jobs Act ha tentato di avviare un primo processo di riforma dei centri per l’impiego che non ha dato risultati degni di nota. Vi è stato anche un trasferimento di competenze dalle province alle regioni in materia di centri per l’impiego, che avrebbe dovuto accompagnare un più ampio processo di semplificazione amministrativa. Peraltro, in molte regioni non si è nemmeno completamente compiuto questo percorso e persistono ancora centri provinciali. Si tratta di elementi che mostrano una preoccupante difformità di governance, di organizzazione tra realtà che dovrebbero avere standard e regole comuni. Non vogliamo che il potenziamento dei centri per l’impiego passi attraverso un inserimento senza criterio di nuove figure da occupare che non rispondono alle skills professionali necessarie”.
“Confapi – ha sottolineato Elifani - è certamente favorevole ad un potenziamento ‘ragionato’ della rete dei centri dell’impiego sostenuto da un ridisegno generale della governance che preveda anche la partecipazione delle imprese sui territori. Per fare il vero salto di qualità, va quindi riformato e attualizzato l’assetto organizzativo. Più in particolare, è necessario anzitutto prevedere un aggiornamento e una riqualificazione professionale di chi già lavora in questi contesti. È necessario ricostruire l’autorevolezza dei centri per l’impiego e un rapporto di reciproca fiducia tra l’ambito pubblico e le imprese che ad oggi, proprio per queste ragioni, non si rivolgono ai centri per l’impiego anche laddove hanno bisogno di personale. Bisogna inoltre raccordare l’offerta formativa con le esigenze del mondo del lavoro e del territorio. Le Associazioni di categoria potrebbero essere degli interlocutori privilegiati per creare delle cabine di regia a livello territoriale, con la previsione di focus trimestrali, che possano far emergere le asimmetrie informative e orientare in maniera proficua l’incontro tra mondo del lavoro e mondo dell’impresa. Le associazioni datoriali – ha concluso il rappresentante di Confapi - sicuramente possono in questo contesto divenire partner a tutti gli effetti dei centri per l’impiego”.