Interpretare il cambiamento offrendo nuove opportunità sia alle imprese, sia ai lavoratori: in questa direzione si coordinano le attività legate al mondo della managerialità delle Pmi nate dalla collaborazione fra Confapi, Federmanager, Pmi Welfare Manager, Fasdapi, Previndapi, Fondazione Idi e il Fondo Dirigenti Pmi.
In un momento di mercato che rappresenta un passaggio epocale per le piccole e medie imprese italiane che devono sostenere il mantenimento dei lavoratori maturi in azienda e, al contempo, trasferire il loro bagaglio storico e di esperienza ai giovani manager (più preparati a livello tecnologico e digitale) è fondamentale dotarsi di nuovi strumenti. Fra questi, il convegno “La bilateralità a misura di Pmi” tenutosi lo scorso 15 novembre presso la Camera di Commercio di Milano, ha posto l’accento sul Ccnl sottoscritto da Confapi e Federmanager. A fare gli onori di casa il Presidente di Confapi Milano, Nicola Spadafora, che ha aperto i lavori, mentre il presidente di Confapindustria Lombardia, Delio Dalola, ha portato i saluti istituzionali di Confapi.
“Un contratto che nasce proprio dalle esigenze delle aziende – sottolinea nel suo intervento Mario Cardoni, direttore generale Federmanager – Perché se le aziende vanno bene, ne beneficiano anche i manager. Non c’è conflittualità, da questo punto di vista, bensì una concomitanza di interessi. Quindi, nello specifico, un contratto pensato per la piccola e media impresa, che Confapi rappresenta. Perché il rapporto manageriale, chiaramente, non è uguale fra piccola impresa e azienda di grandi dimensioni strutturali. Un progetto che è nato proprio mettendo al centro la crescita delle piccole imprese partendo, al di là del tema che va molto di moda che è quello della trasformazione digitale (che certamente ha degli impatti dal punto di vista organizzativo e di competenze), dalla capacità competitiva che deriva dall’assestment delle competenze. Quindi il tema della diffusione manageriale in queste piccole e medie imprese è ciò che ci siamo posti alcuni anni fa e che abbiamo cercato di accompagnare. E un contratto che prevede tre figure professionali (dirigenti, quadri superiori – ovvero quelle figure manageriali che lavorano nelle imprese ma che non hanno capacità economica – e dirigenti junior) così diverse, nel mondo manageriale è unico. Per queste figure abbiamo costruito un vestito su misura dando loro tutta quella serie di istituti che sono tradizionalmente una parte importante dei nostri Contratti collettivi e che mettono al centro la persona nella sua valorizzazione complessiva. Quindi, le tutele tipiche dell’assistenza sanitaria, la formazione e le coperture. In primis quello della responsabilità civile: in questo contratto abbiamo trovato una risposta a questo tipo di problema attualmente vincolato a quelle che sono le regole civilistiche che impongono soluzioni date attraverso una copertura assicurativa. Abbiamo inoltre inserito la figura del ‘professional’ cogliendo l’opportunità data dal legislatore di regolamentare in modo certo tutte quelle figure che operano nel mondo delle piccole imprese: i consulenti d’azienda. Parliamo di persone che dispongono di un’alta professionalità, che svolgono con autonomia il proprio ruolo. Questa è una risposta per dare una veste giuridica tranquillizzante fornendo una cornice contrattuale (in questo caso ridisegnando le funzioni della figura stessa) attraverso una serie di istituti che la salvaguardano sotto il profilo delle tutele sanitarie, sul piano della formazione e su quello delle responsabilità. È un contratto che, nel favorire la diffusione di queste tre figure professionali, ha nella fase di accesso delle forme di flessibilità importanti. Perché si deve adattare alle situazioni diverse che possono sussistere all’interno delle aziende. Quindi, al di là delle formule tipiche del dirigente, noi abbiamo introdotto delle modalità di inserimento più ‘soft’ sia per i più giovani, fino a 42 anni, che hanno un costo minimo contrattuale più basso rispetto a quello del dirigente tradizionale. C’è, poi, un’altra norma che consente fino a 30 mesi, a prescindere dall’età, di sostenere un costo più basso proprio per agevolarne l’inserimento (per verificare se quell’inserimento ha prodotto valore). A fronte di questa flessibilizzazione, nei casi di aggravio, è prevista una maggiore copertura in termini di regole al momento dell’uscita. Abbiamo voluto identificare le situazioni oggettive ‘vere’ in cui il licenziamento può ‘realmente’ essere disposto. In mezzo a tutto questo c’è un welfare molto importante che parte dalla previdenza complementare fino all’assistenza sanitaria integrativa e alle coperture rischi invalidità permanente piuttosto che rischi professionali. A completamento di ciò, la formazione in collaborazione con la Fondazione Idi, ente che realizza percorsi formativi di sviluppo professionale per dirigenti, quadri e imprenditori”.
Il “Contratto Collettivo Nazionale di lavoro per Dirigenti e Quadri Superiori delle Piccole e Medie Aziende produttrici di beni e servizi”, che le Pmi possono decidere di adottare entro il 31 dicembre 2019, ponendosi al centro della bilateralità diventa quindi uno strumento vantaggioso per le aziende.
A confermarlo, all’interno del Convegno, Gianfranco Ginolfi, consigliere di amministrazione ENPACL (Ente Nazionale Previdenza e Assistenza Consulenti del Lavoro). “L’ENPACL, come categoria professionale, - ha spiegato - assiste le aziende per un totale di 8 milioni di rapporti di lavoro. Più di un milione di questi rapporti di lavoro fa capo ad aziende iscritte a Confapi che, per noi rappresenta una realtà associativa positiva. Tant’è che la bilateralità, la concertazione, all’interno di Confapi, a differenza di altre realtà funziona. Il nostro committente, la piccola e media impresa, in questo momento deve ‘resistere’ in un ‘sistema Italia’ che è pieno di ostacoli. Il CCNL Confapi-Federmanager è il primo e unico in Italia ad avere introdotto nell’ambito di una contrattazione collettiva una figura del rapporto di lavoro in collaborazione coordinata e continuativa. Cioè il famoso rapporto di parasubordinazione. Significa che l’imprenditore che aderisce a questo contratto ha possibilità di instaurare anche con una figura di alta professionalità un rapporto di parasubordinazione, con certificazione con il Ministero del Lavoro a monte. Questo è fondamentale, alla luce dei diversi decreti legislativi che in questi anni avevano demonizzato il lavoro autonomo e i rapporti parasubordinati (contratti a progetto). Il presupposto dell’ente bilaterale è un presupposto di sussidiarietà che va a colmare quel vuoto lasciato dallo Stato e dalla Pubblica amministrazione nei servizi per le aziende e per i lavoratori. L’imprenditore non deve vedere l’ente bilaterale come un onere aggiuntivo, bensì come un’opportunità. Pensate ad esempio a quanto spendono ogni anno le aziende per i cosiddetti ‘giorni di carenza’ dei dipendenti. È opportuno sapere che aderendo a un ente bilaterale, può ricevere una copertura degli oneri di carenza, anche se parziale, sulla malattia dei propri dipendenti. Così come quello 0,3% di fondo interprofessionale che l’impresa versa, per legge, se indirizzato all’ente bilaterale consente di recuperarne una parte sotto forma di ‘prestazione di formazione’. Il sistema normativo italiano è sicuramente pieno di ostacoli e, di certo, non agevola le aziende. Ecco perché è importante aiutarle a sottoscrivere dei contratti di ‘secondo livello’, a implementare dei piani di welfare (che agevolano i dipendenti e al contempo abbassano l’imponibile)”.
Ribadendo i vantaggi del sistema contrattuale di Welfare, Armando Occhipinti, Direttore Fasdapi, Previndapi e Pmi Welfare Manager, ha aggiunto: “Il contratto di lavoro della dirigenza nelle Pmi conferma la valenza strategica del management. Da sempre abbiamo voluto sottolineare come la figura del manager sia strategica. Non solo in termini di crescita e di sviluppo, ma anche di etica, morale e responsabilità sociale. Da dieci anni stiamo lavorando per il rafforzamento della bilateralità e del welfare che, oggi, vengono considerati una forma ‘differita’ di retribuzione. Il fondo PMI Welfare Manager si coordina in un ampio impegno nel sostegno al reddito per i dirigenti involontariamente disoccupati. Tutto ciò è però finalizzato a un concreto reinserimento nel ciclo produttivo. Oltre al sostegno al reddito, infatti, organizziamo un percorso formativo che, attraverso un bilancio delle competenze, possa restituirgli una competitività professionale. A tal riguardo Federmanager ha effettuato un grosso lavoro per quel che riguarda l’Innovation manager, o altre figure certificate quale il Manager di rete. Oggi il motto ‘Piccolo è bello’ è stato superato dalla necessità, per le aziende, di essere sempre più attenta al modello organizzativo e alla capacità di proiettarsi verso la digitalizzazione. Per fare ciò si devono creare nuove competenze manageriali sia per recuperare le percentuali di fatturato perse nel corso della crisi economica, sia per avviare il processo di internazionalizzazione imposto dai mercati”. I lavori si sono chiusi con l'intervento del Presidente di Pmi Welfare Manager, Giuseppe Califano, che ha sottolineato "l'importanza di gestire il cambiamento e le nuove competenze nella gestione dell’innovazione di tutti i processi aziendali. E' questa - ha detto - la sfida che devono affrontare i manager nelle PMI, all’interno degli investimenti in modelli e tecnologie 4.0. Un passaggio epocale per le piccole e medie imprese italiane che devono sostenere il mantenimento dei lavoratori maturi in azienda e, al contempo, trasferire il loro bagaglio storico e di esperienza ai giovani manager, più preparati a livello tecnologico e digitale".