“Eravamo stati chiamati per essere auditi in merito al tema del salario minimo. Invece ci troviamo di fronte all’inserimento di norme che tentano di monopolizzare la rappresentanza e su questo non possiamo essere d’accordo”.
È la posizione espressa da Confapi nel corso dell’audizione presso la Commissione Lavoro del Senato in merito ai Disegni di legge n.658 e n. 310 sull’introduzione del salario minimo.
“Normative che regolino la rappresentanza e la rappresentatività devono avere adeguata e separata trattazione” si osserva nella nota Confapi.
“Abbiamo più volte ribadito che siamo d’accordo sulla non proliferazione e la riduzione di contratti di lavoro, laddove stipulati da parti sociali non rappresentative – sottolinea la nota Confapi – ma questo non deve essere il pretesto per creare un monopolio della rappresentanza e per escludere e non dare voce alla colonna portante del sistema produttivo rappresentata dalla piccola e media industria privata italiana. Confapi è stata la prima organizzazione datoriale a sottoscrivere l’accordo interconfederale sulla rappresentanza con Cgil, Cisl e Uil e, da oltre 70 anni stipula, esclusivamente con le principali organizzazioni sindacali, 13 contratti collettivi nazionali di lavoro nei più importanti settori produttivi. Ha costituito inoltre un solido sistema di 13 enti bilaterali che offrono servizi e prestazioni innovative capaci di supplire, in molti casi, alle carenze del welfare statale”.
“In merito al salario minimo – conclude la nota – tutti i contratti Confapi hanno un costo medio che supera la soglia della paga oraria indicata nel Disegno di legge, ma ovviamente sono tagliati a misura dei bisogni e delle peculiarità delle Pmi. La finalità della norma sul salario deve essere diretta però principalmente a tutelare quei lavoratori i cui datori di lavoro non applicano alcun contratto collettivo nazionale, risolvendo, per esempio, il problema degli esigui compensi per i “lavoretti” della Gig economy”.