Intervista del presidente Maurizio Casasco pubblicata sulla newsletter dell’Aska

Con la bilateralità sosteniamo famiglie e redditi


La coperta è “troppo corta” e “se si tira da un lato ne rimane scoperto un altro”. Con la crisi economica, “diventata ormai strutturale”, e anche con i mutamenti demografici, “basti pensare che in Europa tra cinque anni i maggiori di 65 anni supereranno i minori di cinque”, l’intero sistema di welfare “dovrà essere rivisto” e “si dovranno mettere in campo nuove formule e misure”. Ne è convinto il presidente di Confapi, Maurizio Casasco, secondo cui si sentirà sempre più spesso parlare di welfare aziendale, “ma anche di quartiere, di condominio, persino familiare”.


Quali opportunità può offrire questo strumento?
“Noi di Confapi, che ogni giorno lavoriamo fianco a fianco con i nostri dipendenti e collaboratori, abbiamo in un certo senso anticipato il problema, riuscendo a inserire anche all’interno dei contratti collettivi di lavoro elementi di novità che rendono il nostro sistema bilaterale unico e decisamente moderno. Confapi è firmataria infatti di 13 contratti collettivi nazionali di lavoro nei più importanti settori produttivi e vanta 11 enti bilaterali, che forniscono prestazioni adeguate di volta in volta al variare delle condizioni esterne. Penso all’Ebm, l’ente bilaterale dei metalmeccanici, che, oltre a offrire prestazioni di sostegno al reddito, ha attivato accordi con diverse università per permettere ai figli dei lavoratori e ai lavoratori stessi di beneficiare di borse di studio che coprono le spese dell’intero corso di laurea, compreso vitto e alloggio. A questo si aggiungono contributi per le nascite, per l’acquisto di libri scolastici, per le iscrizioni agli asili nido. Penso anche a Enfea, altro nostro ente bilaterale, che varerà anche nel corso di quest’anno interventi importanti legati al sostegno al reddito, allo sviluppo dell’apprendistato e al welfare attivo”.


Quanto è cresciuta la quota del welfare aziedale nei contratti?
“E’ cresciuta parallelamente ai mutamenti strutturali intervenuti nel mercato del lavoro e produttivo che hanno conferito di fatto alle parti sociali un ruolo di sussidiarietà. Confapi ha inteso realizzare, di comune intesa con le principali organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei dirigenti, un sistema bilaterale in grado di offrire delle opportunità e delle risposte alle esigenze di politiche attive del lavoro”.


Quale deve essere la sua incidenza negli accordi di secondo livello?
“Certamente gli accordi di secondo livello sono importanti perché consentono di regolamentare strumenti che interpretano le peculiarità di ciascun territorio. Ma nello stesso tempo crediamo che ci debba essere una regia e una politica strategica a livello nazionale. La situazione attuale ci invita a semplificare, mi riferisco anche allo sforzo comune che dobbiamo fare non solo per mettere uno stop alla proliferazione dei contratti, ma anche per diminuirne proprio il numero”.


Ci può raccontare l’esperienza delle imprese associate a Confapi nello sviluppo di questo strumento?
“Nell’ambito delle politiche di welfare attivo, noi imprenditori di Confapi tuteliamo e promuoviamo, attraverso il sistema bilaterale, strumenti e interventi finalizzati a fornire servizi di qualità, di assistenza, di sostegno e di supporto in tema di formazione permanente e continua, sviluppo dell’apprendistato, previdenza complementare, sostegno al reddito. Si pensi per esempio a Fondapi e a Previndapi che, a fronte dell’incertezza di poter avere in futuro un trattamento pensionistico adeguato, assicurano ai lavoratori e ai dirigenti una previdenza complementare, garantendo ai tesoretti dei lavoratori ottimi rendimenti, superiori al Tfr lasciato in azienda. Oppure al Fapi e al Fondo dirigenti Pmi che garantiscono percorsi di formazione professionale all’avanguardia e in linea con le evoluzioni attuali del mercato del lavoro, che richiede sempre più figure altamente specializzate in grado di operare in contesti di crescente competitività e di globalizzazione. E ancora: pochi giorni fa, abbiamo costituito un nuovo fondo denominato Pmi Welfaremanager, che non solo garantisce un sostegno al reddito, ma consente soprattutto di riqualificare, attraverso interventi di politiche attive mirate, i dirigenti e i quadri superiori involontariamente disoccupati”.


Intanto, gli incentivi sul welfare privato vengono ampliati. Questo basta per far decollare il secondo pilastro?
“Dimostriamo ogni giorno che le parti sociali possono riuscire a rinvenire nelle dinamiche delle relazioni industriali, ove siano costruttive, degli strumenti efficaci in grado di strutturare il welfare attivo. Occorre, però, un intervento di affiancamento e riconoscimento delle istituzioni in questo processo che non può esaurirsi, a mio avviso, nella sola politica di incentivi. Sicuramente gli incentivi sono importanti, ma spesso fini a se stessi. Una volta esaurito il loro effetto, infatti, non sempre le imprese sono in grado di garantire il medesimo trattamento nel lungo periodo”.


Welfare e produttività: c’è un legame?
“Assolutamente sì. Noi rappresentiamo le piccole e medie industrie che, anche quando incarnano storie imprenditoriali di successo, mantengono un imprinting di tipo familiare. I nostri imprenditori sanno molto bene come conciliare i benefici dell’azienda con quelli dei lavoratori, pur avendo presente tutte le difficoltà del fare impresa oggi e nel nostro Paese”.


Vede invece un rischio per l’universalità di alcuni diritti, in particolare nella sanità? Come si evita?
“Resto dell’idea che il lavoro sia il tema centrale da cui tutto discende. Non c’è lavoro senza impresa, che è l'unico luogo possibile per la ripartenza e per un'inversione di marcia rispetto alla crisi”.

Vincenzo Sannino