Il confronto Governo-parti sociali sui fondi europei
 
Di Lia Romagno
 
Il Recovery plan italiano è ancora un documento incompleto su un punto chiave come quello delle riforme; non "allineato" con le linee guida indicate dalla Ue; sprovvisto di una stima precisa degli obiettivi che si intende perseguire con le risorse impegnate. Preoccupa, poi, l'equilibrio prestiti-debito pubblico. Ma il tema più ricorrente, che tiene insieme le osservazioni critiche e accomuna le associazioni imprenditoriali è quello della governance, causa o pretesto ma comunque innesco della crisi politica, che mette a rischio l'arrivo dei fondi comunitari, mette in allarme l'Europa, e ritarda il varo del quinto decreto Ristori destinano a contenere i danni provocati dalle restrizioni anti Covid. E proprio alle «note vicende politiche» che «non hanno aiutato» ha fatto ricorso il ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, per giustificare davanti agli imprenditori questa «lacuna»,  assicurando poi che l'obiettivo del governo è quello di colmarla «rapidamente». tire più forti di prima», secondo le imprese su queste premesse bisogna lavorare ancora un bel po'.
 
I nodi da sciogliere
 
Dopo l'incontro dello scorso venerdì con i sindacati, ieri a Palazzo Chigi si sono avvicendati in video collegamento i rappresentati di Confindustria, Confapi, Unimprese, Confcommercio, Confesercenti, Confartigianato, Cna, Casartigiani e Forum terzo settore. Al presidente del Consiglio affiancato per l'occasione dai ministri Patuanelli, Gualtieri, Dadone, Provenzano, Catalfo, Pisano e Amendola che ha sottolineato la necessità di «affrontare questa sfida, tra le più importanti del secondo dopo guerra, con spirito di impresa comune» le imprese non hanno fatto mancare la disponibilità a fare la propria parte. Che vuol dire anche porre sul tavolo i nodi che rischiano di sabotare la sfida. Tra le principali criticità del progetto italiano, Carlo Bonomi, presidente di Confindustria, ha posto «la mancata conformità con le linee guida indicate dalla Ue». Bruxelles, hanno ricordato gli industriali, stabilisce «in maniera puntuale, che ogni riforma strutturale e linee di intervento delle 6 missioni strutturali venga declinata secondo una stima precisa degli obiettivi quantitativi che si intende ottenere rispetto alle risorse impegnate», in modo che la Commissione Ue possa verificarne l'attuazione, scongiurando così il rischio di revoca o restituzione dei fondi. Al governo si è suggerito quindi di «affinare il Piano per comprendere gli effettivi impatti sul Pil». Gli industriali hanno sollecitato quindi «una stima chiara» degli obiettivi sull'aumento dei tassi di occupazione, un'indicazione forte sulla riforma degli ammortizzatori sociali. Quanto alle infrastrutture, prima di affrontare la questione delle risorse, Confindustria ha chiesto di «chiarire il gap delle 35 misure attuative non ancora emanate». C'è poi il nodo «trasversale» a tutte le altre osservazioni critiche: la governance ancora tutta da definire e che deve essere luogo di un costante e continuo confronto con le parti sociali.
 
L’equilibrio tra prestiti e debito
 
«Chiarezza e immediatezza» sulla governance ha domandato anche Daniele Vaccarino, presidente della Cna, che ha posto la questione delle riforme su cui il testo del governo «appare incompleto»: «A parte il capitolo giustizia, ha affermato, per gli interventi strutturali su fisco, lavoro, formazione e Pa si limita a titoli generici». A Vaccarino, poi, non è piaciuto il richiamo nel piano all'eccessiva frammentazione del sistema produttivo, che, ha sostenuto, «rimanda a un pregiudizio verso le piccole imprese» e ha quindi avvertito circa i rischi di «una politica industriale che progetti interventi a taglia unica».
 
Per Carlo Sangalli, leader di Confcommercio, oltre alla governance bisogna affrontare e risolvere il nodo del «rapporto tra gli investimenti ed il ruolo come lo definisce il Pnrr 'abilitante catalizzatore' delle riforme, del punto d'equilibrio tra mobilitazione delle risorse disponibili ed impatto dei prestiti europei sul nostro debito pubblico». Dalla salvaguardia del terziario e del pluralismo distributivo, dalla necessità di un piano per il turismo, la cultura, l'innovazione delle Pmi: per il leader dei commercianti la soluzione di tutte le questioni «contribuirebbe al perseguimento di sostenibilità e degli obiettivi trasversali del Piano: parità di genere, gioyani, Sud e riequilibrio territoriale».
 
Le riforme sono «propedeutiche a qualsiasi credibile progetto di rilancio», ha sostenuto il presidente di Confapi, Maurizio Casasco, ma bisogna anche attrezzarsi per quando gli ammortizzatori sociali verranno meno, mentre le imprese avranno bisogno di nuove e diverse competenze: serve «un poderoso piano nazionale di formazione», ma anche strumenti che favoriscano la creazione di reti di impresa».