I sindacati: garantire chi non accetta
Il governo chiede un accordo tra imprese e organizzazioni per somministrare le dosi a impiegati e familiari L'Inail: noi pronti a fornire gli ambulatori
 
di Valentina Conte
 
ROMA Il protocollo tra imprese e sindacati che dal 14 marzo 2020 tutela la salute e la sicurezza dei lavoratori italiani e detta le regole del lavoro in presenza sarà rivisto. Aggiornato, per tenere conto delle novità normative sul Covid stratificatesi in questo anno terribile. E integrato da un addendum o affiancato da un nuovo protocollo che consenta alle aziende di vaccinare i dipendenti e i loro familiari sul posto di lavoro. A questo e a una campagna vaccinale nelle aziende puntano i ministri Andrea Orlando (Lavoro) e Roberto Speranza (Sanità) che ieri hanno incontrato in streaming le parti sociali. C'era anche il direttore generale dell'Inail Giuseppe Lucibello, subito pronto a un assist: «I164% delle aziende italiane dispone di presidi sanitari interni, grazie ai medici del lavoro. Per le altre l'Inail può mettere a disposizione i suoi ambulatori». Se il nodo ora è l'insufficiente disponibilità di dosi, Speranza rassicura: «Da metà marzo avremo anche il vaccino monodose Johnson & Johnson». Mentre la logistica viene garantita dal neocommissario straordinario per l'emergenza Covid, Francesco Figliuolo, pure presente all'incontro: «Il protocollo è materia delle parti sociali, ma il vaccino ve lo porteremo noi». Il punto ora è stendere le regole. Il presidente di Confapi (piccola e media industria), Maurizio Casasco, è stato il primo a proporre il vaccino in azienda. Il leader di Confindustria Carlo Bonomi è pronto ad avviare una campagna vaccinale per coinvolgere 12 milioni tra dipendenti (5,5) e loro familiari. Tutte le associazioni datoriali scalpitano per un rapido ritorno alla normalità. Confesercenti chiede di dare «priorità a terziario e turismo», così da ripartire in estate. Confcommercio mette a disposizione «centri distributivi e magazzini di alcune attività». Il punto è come, quando, a chi. E con quali regole. Cgil, Cisl e Uil non sono contrarie. Ma aspettano di leggere le proposte. E intanto inviano al ministro Orlando un documento unitario elaborato a luglio, forse un po' datato, ma una base di partenza per la prima revisione tecnica del protocollo. In quello vecchio di marzo (poi integrato una sola volta il 24 aprile) ci sono ancora i divieti di trasferta, di formazione e riunione in presenza. Tutti stop superati dal rispetto degli obblighi di distanziamento, sanificazione, aerazione e mascherina. E poi c'è la questione vaccini. I sindacati temono contraccolpi sui lavoratori, visto che non esiste obbligo di vaccinazione. Per quelli che rifiutano il siero chiederanno alle imprese garanzie contro licenziamenti, ma anche demansionamenti, riduzioni di stipendio o azzeramento della busta paga e confinamento a casa. Chiederanno poi che sia il medico del lavoro a gestire le liste dei vaccinandi, tutelando la privacy della scelta. E un ambiente protetto, sicuro e sanificato per le inoculazioni, con personale medico e sala attrezzata pe le reazioni avverse, come lo shock anafilattico. Scontata la richiesta alle imprese di non tagliare i costi per la prevenzione e sicurezza. «Non vorremmo che una volta fatto il vaccino si torni tutti in presenza, senza più sanificare, rispettare le distanze e dotare di mascherine i lavoratori», osserva Rossana Dettori, segretaria confederale Cgil e infermiera professionale. La logistica per ora non spaventa. Il leader Uil Pierpaolo Bombardieri propone di coinvolgere anche gli enti bilaterali e la sanità integrativa per vaccinare nelle imprese di artigianato, edilizia, commercio. Il neosegretario generale della Cisl Luigi Sbarra chiede di accelerare il piano vaccinale e ripristinare le norme per i lavoratori fragili scadute il 28 febbraio, a partire dallo smart working. «Lo faremo nel decreto Sostegno», risponde il ministro Orlando.