IN CRISI -  LA COMMISSIONE VUOLE LA PROROGA DELLE QUOTE ALL'IMPORT NONOSTANTE L'IMPENNATA DEI PREZZI

 
Affrontare il tema della carenza di materia prima come Europa è la risposta migliore che si può realizzare". Le parole pronunciate ieri dal ministro del Lavoro Andrea Orlando non potevano arrivare in un momento peggiore. Poche ore prima di quelle dichiarazioni era circola tala notifica inviata dalla Commissione Ue alla Wto sull'estensione per altri tre anni delle quote alle importazioni di acciaio da Paesi extra Ue in scadenza a fine mese. A leggere con attenzione il documento, emerge il totale scollamento di Bruxelles dalla realtà del mondo delle imprese attanagliato oramai da mesi dall'impennata dei prezzi mai vista e dalla penuria di materiale che rischia di minare i piani produttivi previsti e di aggravarsi se la proposta della Commissione venisse approvata. La tesi che ha portato al provvedimento ruota attorno al calo della marginalità registrata dai produttori siderurgici passata dal 5,7% del 2018 al -3,7% del 2020. Peccato però che l'analisi della Commissione si fermi alla prima metà del 2020 e non consideri il cambiamento strutturale che ha caratterizzato il mercato investito dal connubio dei maxi-stimoli fiscali implementati da Usa e Cina e dal calo dell'offerta derivante dalle politiche di lockdown che ha spinto il prezzo del laminato a caldo in soli 14 mesi da 350 a 1.200 euro la tonnellata. "Le nostre industrie associate sono allo stremo tra prezzi triplicati e carenza di materiale - spiega al Fatto Marco Mariotti, imprenditore siderurgico e membro della giunta di presidenza di Confapi - non si vede alcun cambiamento e questo metterà la manifattura di trasformazione in grave crisi". Ma sbaglia chi pensa che il problema della carenza della materia prima sia appannaggio solo delle piccole e medie imprese. Sulla vicenda è intervenuto anche l'ad di Fincantieri, Giuseppe Bono. "La sospensione dei dazi sull'importazione in un momento in cui c'è penuria di acciaio è importante", ha dichiarato recentemente il top manager. Bruxelles però sembra non volersi curare delle problematiche che stanno mettendo in difficoltà migliaia di imprese: anziché lavorare a una mediazione, preferisce assecondare le richieste di una minoranza di player di mercato che riceve già legittima protezione contro azioni di dumping. Sulla questione pesa anche il silenzio del governo italiano. Al di là di sparute dichiarazioni di circostanza, non emerge alcun serio tentativo di comprendere il problema e far valere in sede europea una posizione che tuteli anche il comparto manifatturiero. Probabile che palazzo Chigi consideri il problema della carenza delle materie prime una conseguenza di dinamiche globali su cui la politica non può far molto. Peccato che lo scenario mondiale in questi ultimi mesi sia mutato drasticamente e che siano sempre più numerosi i Paesi che hanno adottato misure autarchiche nella gestione della materia prima incentrate sull'aumento dell'offerta all'interno dei rispettivi mercati nazionali. In primis la Cina che a fine mese annuncerà un dazio all'export di acciaio. Tanto che già oggi il prezzo dell'acciaio in Europa è più alto di 400 euro la tonnellata rispetto a quello prodotto in Cina. Non tutto è perduto: malgrado la Commissione Ue abbia già inviato alla Wto la notifica di estensione delle quote all'import, la misura deve essere votata dalla rappresentanza dei Paesi il 17 giugno. Come voterà l'Italia?