Intervista a Maurizio Casasco

“Draghi aiuti le aziende che fanno formazione”

Ma quali tagli: già oggi facciamo fatica a trovare collaboratori capaci. Possiamo riqualificare chi rischia il posto

 

Il muro contro muro non funziona... non può funzionare. È dall'incontro del 21 aprile scorso che lo ripeto. Ci siamo arrivati con qualche mese di ritardo. Pazienza. Adesso c'è da agganciare la ripresa. Senza tensioni sociali, inutili, e senza perdere tempo. Anche perché non ne abbiamo più». Maurizio Casasco, presidente della Confederazione nazionale delle piccole e medie industrie, è un fiume in piena. Ma,  soprattutto, è tra gli ispiratori dell'accordo aziende e sindacati per disinnescare i licenziamenti. «Qualche mese in più di cassintegrazione cambia poco. L'importante è preservare le competenze, avviare la formazione aziendale per quelle figure professionali che servono come il pane e agganciare il treno della ripresa.

 

Confapi rappresenta 83mila imprese. Offre lavoro a 800mila addetti, è radicata in 60 sedi territoriali. Era proprio necessario arrivare all'ultimo giorno per disinnescare il rischio sociale dei licenziamenti?

«Le imprese che conosco io tutto vogliono tranne che licenziare. Nel nostre mondo le imprese sono realtà "piccole". Ci conosciamo tutti. È una dimensione familiare con un welfare studiato per accompagnare i figli dei lavoratori dalle scuole all'università. Si figuri se un imprenditore dei nostri vuole tagliare, se proprio non c'è costretto».

 

E quindi è tutta una montatura allarmistica dei sindacati?

«Il rischio che i tagli nelle aziende industriale ci siano è concreto. Ma nelle nostre imprese ci mettiamo 3/4 anni per formare un tessitore. Il problema è trovare chi sa fare questi lavori, non certo cacciarlo via».

 

E quindi?

«Serve un cambio di passo. Dobbiamo formare il personale e chi esce dalle scuole. E farlo rapidamente autorizzando gli enti bilaterali non solo a formare gli addetti interni ma affiancargli anche chi ha perso il lavoro o chi lo sta cercando per la prima volta».

 

Confindustria ha spinto per mesi per i licenziamenti, declinati come riorganizzazioni indispensabili..

«Ma in questo caso stiamo parlando di altre dimensioni aziendali dove spesso l'addetto è un numero. Un costo da tagliare. Nelle nostre imprese il collaboratore li conosciamo per nome. Se l'impresa va avanti ne giovano tutti. Se entra nel loop della crisi soffrono imprenditore e dipendente».

 

E allora come se ne esce?

«Il ministro del Lavoro Orlando potrebbe autorizzare gli enti bilaterali e le imprese del territorio a formare i nuovi addetti».

 

I disoccupati?

«Non solo. Pure gli studenti. C'è fame di addetti. E la formazione funziona se è fatta in azienda dove si impara il lavoro "rubando" con gli occhi. Invece di aspettare l'assegno di cassintegrazione è meglio rimettersi in gioco ed essere riassorbiti. Soprattutto in questo particolare momento storico».

 

 

 

Però serve un'intesa con il sindacato e con tutti gli altri...

 

 

«Anche il mondo sindacale è consapevole che non dobbiamo correre il rischio di una nuova conflittualità sociale. Arrivare allo scontro non serve a nessuno. Al sindacato chiediamo flessibilità. Ora si può dialogare. Certo abbiamo perso due/tre mesi di tempo inutilmente ma adesso c'è correre e da accompagnare la ripresa economica con intelligenza e una buona dose di flessibilità».