Intervista a Maurizio Casasco
Claudia Voltattorni
 
 
«Durante la pandemia abbiamo avuto tanti eroi oltre a medici e infermieri: i piccoli imprenditori che contro tutto e tutti non hanno mai smesso di lottare per proteggere le proprie aziende e i propri lavoratori». Maurizio Casasco, 66 anni, è stato appena confermato per acclamazione presidente di Confapi, la Confederazione italiana delle Piccole e Medie industrie private (83mila associati per oltre 900 mila lavoratori), che guida dal 2012, e rivendica la sua vicinanza agli imprenditori: «Abbiamo passato tutti momenti molto difficili, c'era incertezza, paura del futuro, i nostri industriali non dovevano essere lasciati soli, ecco perché dico che anche loro sono stati degli eroi: hanno difeso le loro aziende, si sono presi carico dei propri dipendenti come dei veri paterfamilias».
 
Oggi come vede il futuro per la categoria?
 
«Bisogna programmare e sfruttare le opportunità che abbiamo, come i vaccini ad esempio».
 
 
Confindustria chiede il Green Pass per i lavoratori, fa bene?
 
«Da medico dico: vacciniamoci tutti perché meno contagi avremo, meno saranno le varianti contro cui combattere. Inoltre il tema vero è contare non più il numero di contagiati ma dei vaccinati ricoverati. Per quanto riguarda i lavoratori con il Green Pass, non è un problema di Confindustria e sindacati, né dei tribunali che devono stabilire se abbia ragione il lavoratore sospeso o il datore di lavoro».
 
 
Chi deve decidere allora chi può lavorare?
 
«Lo Stato: serve una legge. Questo è un tema che riguarda tutti, come ha detto il presidente Mario Draghi, è una questione di vita o di morte, e allora il governo deve assumersi la responsabilità di decidere. Le parti sociali possono invitare a vaccinarsi. Lasciare a casa i lavoratori senza stipendio? Ma qui c'è bisogno di coesione sociale».
 
 
 
Sbloccati alcuni licenziamenti, ad ottobre terminerà il blocco anche per altri settori: prevede un autunno caldo?
 
«Più che prorogare il blocco serve più flessibilità nel mondo del lavoro: oggi è indispensabile avere contratti a termine senza causali, vantaggi fiscali per chi assume, semplificazione, almeno finché l'economia non ripartirà».
 
 
Ripartirà l'economia?
 
«Certo, ci riprenderemo, ma ora serve una vera politica industriale, non arti-industriale come negli ultimi 40 anni. Bisogna ricordarsi che l'industria assume, fa ricerca, basta demonizzarla, anzi serve una politica che attragga i giovani. Negli Stati Uniti i giovani vogliono fare gli imprenditori, in Italia no».
 
 
E che fine faranno le Pmi?
 
Ci sarà un adattamento e le piccole e medie imprese ne hanno sempre dato una grande dimostrazione, ma vanno patrimonializzate e va creato l'eco-sistema perché possano riconvertirsi, perché possano fare innovazione».
 
 
Come?
 
«Con le start-up che possono diventare la ricerca e sviluppo delle Pmi: questa è davvero una grande opportunità per tutti, perle imprese e per i giovani. In Italia siamo ancora molto indietro. In Francia lo hanno capito da tempo. Ecco perché noi proponiamo vantaggi fiscali per le aziende che acquistano start-up».
 
 
L'aumento del prezzo delle materie prime sta danneggiando le nostre aziende?
 
«Oggi stiamo andando a singhiozzo, i dazi ci stanno strozzando. Ma l'Europa non può essere stretta a sandwich tra Usa e Cina, ai governi chiediamo una posizione fortissima su questo. L'Italia è un Paese trasformatore di materie prime, ma la Cina si sta organizzando per realizzare i prodotti finiti e questo per l'Italia diventerà un problema molto grande».