Intervista a Maurizio Casasco
 
 
Il green pass in azienda può funzionare, non siamo mai stati contrari anche se avremmo preferito il vaccino obbligatorio. Purtroppo però così com'è il decreto è inapplicabile, il governo chiarisca, ci spieghi come fare», va al punto Maurizio Casasco, presidente di Confapi.
 
 
Perché avrebbe preferito il vaccino obbligatorio?
 
«Più vaccini, meno contagi e meno varianti. Il tampone, poi, lascia troppe incertezze. Su un soggetto infetto il tampone diventa positivo dopo 3-8 giorni ma questa persona dopo 36 ore comincia già a infettare gli altri».
 
 
Gli imprenditori che volevano aziende sicure oggi non sono più favorevoli al green pass?
 
«Non potendo avere il vaccino obbligatorio, bene il green pass. Detto questo, il decreto va messo a terra, servono chiarimenti e semplificazioni. Prendiamo la privacy. In pratica le aziende dovrebbero controllare i dipendenti tutti i giorni. Se un lavoratore volesse dirmi: "Il mio green pass scade a gennaio, non c'è nessun bisogno che mi controlli tutti i giorni" non potrebbe farlo. Ma non è solo questo».
 
 
Cos'altro?
 
«L'imprenditore che scopre un lavoratore in azienda abusivamente senza green pass deve fare una segnalazione al prefetto. Gli imprenditori non sono poliziotti».
 
 
Chi è senza green pass resta a casa senza stipendio. Con la ripresa questo può rivelarsi un boomerang?
 
«E un problema. Le imprese sopra i 15 dipendenti non possono sostituire i dipendenti assenti per mancanza di green pass e quelle sotto i 15 li possono sostituire per 20 giorni da qui a dicembre. Ma i lavoratori non ci sono».