La riforma dei trasporti eccezionali fa crescere costi e tempi e manda in tilt la filiera della logistica. Le associazioni di settore al governo: «Quella norma va abrogata»
Quando non sai più che cosa fare, non ti rimane altro che incrociare le braccia. Certo, è un danno economico, ma in queste condizioni non riusciamo a lavorare». La confessione raccolta da un autotrasportatore la dice tutta circa lo stato di grande disagio vissuta dalla filiera della logistica in Italia, già gravata da una serie di fardelli non proprio di poco conto come la carenza di camionisti, la bassa offerta di materiale e la congestione dei porti. Ora la recente modifica al codice della strada contenuta all'interno del dl Infrastrutture rappresenta una nuova e imprevista mazzata in grado di danneggiare drasticamente l'approvvigionamento di acciaio lungo la filiera. A costo di apparire brutali, il rischio è assistere alla paralisi della distribuzione nel settore siderurgico. Non è infatti un mistero come le nuove limitazioni apportate ai trasporti eccezionali danneggino in primo luogo proprio le acciaierie che dall'entrata in vigore del decreto legge (blindato in Parlamento con la fiducia) non potranno caricare su un tir più di un coil di acciaio alla volta. Il problema non è solo di natura economica. Qualcuno potrebbe obiettare come basti guardare alle recenti trimestrali delle acciaierie per rendersi conto del bacino di liquidità prodotto dal comparto siderurgico nell'ultimo anno e mezzo. Ma la questione di fondo è ben più complessa e riguarda il funzionamento della catena di fornitura necessario più che mai non solo per mantenere sostenuta la crescita dell'economia italiana ma anche per stemperare i picchi speculativi. Perché se da un lato è certamente vero che l'attuale fase di tensione sul fronte dei prezzi è la risultante innanzitutto degli oltre 12.000 miliardi di dollari in stimoli fiscali implementati a livello mondiale (di cui 6,8 nell'area euro) dallo scoppio della pandemia a oggi, è altrettanto vero che la spaccatura delle supply chain sta dando un grande contributo in tal senso. «Sta accadendo quanto paventavamo», spiega il manager di un'acciaieria, «se non si arriva presto a una soluzione corriamo il rischio concreto di fermare molte linee produttive. E davvero quello che vogliamo?». «Io credo che la prima cosa da fare sia abrogare questa modifica al codice della strada e aprire un tavolo tecnico con governo e parti sociali al fine di individuare le criticità e risolverle», spiega alla Verità il direttore generale di Federacciai Flavio Bregant, Il tema è che, se non abroghiamo la norma, qualunque aggiustamento si cerchi di fare in corsa, al di là di guadagnare qualche mese di tempo, non farà altro che riproporre il tema dando inoltre forza alla linea politica dietro alla modifica stessa. Ma a questo punto non sono più così sicuro che si tratti di una linea politica: più probabilmente si è trattato di un errore nato da una motivazione di principio assolutamente condivisibile, ossia quella della sicurezza, ma assolutamente errato nelle modalità di esecuzione. Va precisato, infatti, come già prima dell'entrata in vigore della modifica vi fossero precise indicazioni affinché un mezzo da trasporto eccezionale passasse solo su tragitti con manufatti verificati. In secondo luogo non dimentichiamo che con lo strumento del Pnrr si ha finalmente la possibilità di rafforzare ove ve ne sia bisogno le tratte più battute e garantire un regolare approvvigionamento. Certo è che questo rallentamento delle consegne di materiale arriva proprio nel momento in cui si deve spingere sulla ripresa». Particolarmente preoccupato per la situazione è il presidente di Confapi Maurizio Casasco: «Quanto si sta verificando nel comparto dei trasporti eccezionali rappresenta l'ennesimo danno per il comparto della logistica, già particolarmente danneggiato dall'ingolfamento delle filiere», spiega alla Verità, «Non va infatti tralasciato il fatto che già prima che il dl Infrastrutture entrasse in vigore si registrava una grande carenza di materia prima e congestione nei porti determinate dalle misure di salvaguardia. Una situazione di grande difficoltà, quella che stanno vivendo le imprese utilizzatrici, che con ragionevole certezza non potrà che peggiorare nelle prossime settimane dato il progressivo esaurimento delle quote import stabilite dalla Ue». Riflessioni, quelle di Casasco, confermate dai dati: secondo le rilevazioni statistiche aggiornate a tutto il 2020 e giugno 2021 elaborate dalla società di spedizioni Seaway, l'Italia risulta essere il maggior importatore di acciaio all'interno dei Paesi europei di quasi tutti i prodotti siderurgici vincolati alle misure di salvaguardia. Una dinamica, questa, che evidenzia non solo quanto dannose siano le quote import stabilite da Bruxelles in particolare sul comparto manifatturiero italiano, ma anche quanto alta sia la dipendenza dalle forniture estere, aggravatasi con la débâcle dell'impianto dell'ex Ilva su cui, stando a quando apprende La Verità, il governo non metterà mano fino a maggio del prossimo anno.