«Per le imprese costi record, serve un patto tra associazioni»
Casasco (Confapi): Agire subito
«L'inflazione che rialza la testa va bene per gli Stati perché vedono così ridimensionarsi il debito. Ma per le imprese e i cittadini è un vero disastro. E poi diciamoci la verità: non si tratta di un breve fiammata dei prezzi. Dobbiamo guardare in faccia la realtà e agire con responsabilità. Tutti, ciascuno nel proprio ruolo». Fin dalle prime battute il presidente di Confapi Maurizio Casasco mostra di prendere molto sul serio l'aumento dell'inflazione al 3,9% su base annua segnalato dall'Istat. Partiamo dalle associazioni delle imprese come la vostra: cosa potete fare? «Alle altre organizzazioni dico: mettiamoci insieme, creiamo un consorzio per negoziare con un maggiore potere contrattuale il costo dell'energia per i nostri associati». Con chi? Confindustria? «Confindustria, certo. E poi le organizzazioni delle imprese energivore. Più siamo meglio è. Tra l'altro, oltre a portare un risultato concreto ai nostri associati daremmo alla politica un messaggio forte dimostrando l'unità del sistema produttivo per il bene delle nostre imprese. Come dicevo, questo è il momento della responsabilità. Responsabilità che insieme potremmo chiedere con più forza anche ai fornitori di gas ed energia: diano meno dividendi ai soci e tengano i prezzi sotto controllo». L'ultima volta che le associazioni d'impresa hanno unito le loro voci è stato a fine 2o18 alle assise di Torino. Poi più nulla... «Si può, si deve fare». Ma basterebbe? «Ovvio che non può bastare e delle grandi coincidono? ma sarebbe un tassello di una politica del Paese. A monte di tutto, poi, serve una svolta nella politica europea sull'approvvigionamento delle materie prime, e in particolare del gas. Per fare pressioni in questa direzione oggi l'Italia può giocare la carta della leadership di Mario Draghi». Cosa si può fare sul fronte materie prime? «Prendiamo l'acciaio. Ogni Stato europeo ha quote di importazioni superate le quali scatta un dazio del 25%. Serve una solidarietà tra Stati. Se, poniamo, l'Olanda non sfruttasse tutte le quote di importazioni a lei concesse, potrebbe cederle ai Paesi che le possono utilizzare. L'Italia è la seconda manifattura d'Europa, trarrebbe vantaggio da un'impostazione di questo tipo. Nella stessa logica, poi, le quote massime di importazioni dovrebbero essere trasformate da trimestrali ad annuali, in modo da garantire maggiore flessibilità alle imprese». E sul caro-energia? «Qui l'Europa deve fare pesare il suo ruolo. Troppo spesso nella geopolitica mondiale ci troviamo nella posizione del sandwich dentro l'hamburger, schiacciati dagli Usa da una parte e dalla Russia dall'altra. Pensiamo alla vicenda dell'Ucraina, per esempio, e alle pressioni degli Stati Uniti per le sanzioni. O alla vicenda del gasdotto North Stream 2. Da presidente della Confederazione europea della piccola e media impresa posso dire che la necessità di un cambio di passo è sentita da tutte le nostre imprese, in ogni Paese». Gli interessi delle piccole «Le piccole pagano l'energia più delle grandi perché hanno minore peso contrattuale. Ma anche per i grandi l'unione fa la forza».