La battaglia per la transizione ecologica si combatte sul fronte dei motori ma anche su quello dei bio carburanti. La fine dei motori endotermici, fissata dell'Unione europea al 2035 per le auto, rischia di affossare anche lo sviluppo industriale di possibili carburanti a ridotto impatto ambientale. Nasce da questa consapevolezza l'iniziativa delle Imprese produttrici e distributrici di fuels rinnovabili e low carbon , liquidi e gassosi, che scrivono al Governo italiano e all'Europa per sottolineare «l'enorme contributo che i veicoli con motore a combustione interna alimentati con combustibili rinnovabili e a basso contenuto carbonico, affiancati allo sviluppo della mobilità elettrica, possono dare per il raggiungimento degli sfidanti target di decarbonizzazione del settore trasporti, sia a livello nazionale che europeo». L'iniziativa arriva, come sottolineano Federmetano, Ngv, Assogasmetano, Anigas (Confindustria), Angia, Assogasliquidi, Unem e Confapi, nei giorni in cui l'Europa sta definendo le strategie di decarbonizzazione future. E guarda al mondo del trasporto commerciale ancor più che al comparto auto. «Nella definizione delle strategie per il raggiungimento degli obiettivi scrivono i produttori in una nota non si può prescindere dal fatto che il parco circolante europeo di auto e veicoli commerciali sarà costimito, al 2o3o, ancora da oltre il 7o% di mezzi equipaggiati con motori a combustione interna, in particolar modo con riferimento al trasporto pesante, e che bisogna necessariamente sostenere, parallelamente allo sviluppo di un ecosistema perla mobilità elettrica, una strategia europea per i combustibili rinnovabili e a basse emissioni di carbonio, per far sì che l'importante contributo di decarbonizzazione richiesto al settore dei trasporti su strada possa efficacemente realizzarsi». Nel medio periodo, sostengono gli operatori, servono target di mercato che valorizzino anche il contributo che i combustibili rinnovabili e a basso contenuto carbonico possono assicurare. Anche a sostegno di una transizione meno violenta per l'industria. Una transizione che all'Italia potrebbe costare fino a 73mila posti di lavoro come sostiene uno studio di Clepa, l'associazione dei componentisti auto europei. Torna dunque in primo piano la questione della neutralità tecnologica nel campo della mobilità, una questione resa ancora più urgente dalla dinamica dei prezzi di energia e gas in questi mesi. La mobilità elettrica da sola non basta. «La complessità di queste sfide e delle rivoluzioni che derivano dalla transizione energetica ci porta a ribadire con forza l'impossibilità scrivono di considerare tutto risolvibile con il contributo di un'unica tecnologia, tra l'altro ancora in evoluzione dal punto di vista dello sviluppo tecnologico e non ancora matura a livello di ecosistema di mercato in quasi nessun paese europeo».