Il presidente Confapi: «La ripresa merito nostro. E’ il momento di aumentare il taglio del cuneo»
Dottor Cristian Camisa, presidente di Confapi, nel 2022 il Pil è cresciuto del 3,9% e il mercato del lavoro ha segnato un incremento di 334mila occupati. Si può affrontare il 2023 con moderato ottimismo?
«È un buon risultato. Sono incoraggianti i dati sul 2023 perché fino a poche settimane fa si parlava di rischio recessione, mentre il pericolo si può dire scampato in questa fase. È chiaro che inflazione, aumento dei prezzi energetici e crescita dei tassi di interesse avranno ricadute dirette sulle dinamiche aziendali. Ecco perché auspico che il governo metta al centro delle proprie azioni la piccola e media industria privata. Troppo spesso si è parlato di noi come un modello e poi si è privilegiata la grande industria. Se l'Italia ha conseguito il più elevato incremento del Pil in Europa nella fase post-pandemica, è merito del nostro sistema di pmi che ha consentito al Paese di ripartire immediatamente».
Ritiene sufficienti le misure per contrastare il caro-energia? O sarebbe meglio se ci fosse una risposta europea?
«Il governo ha fatto uno sforzo importante perché ha messo 21 miliardi in legge di Bilancio sul caro-energia. Al contrario, non si è adottata una politica europea che consenta alle nostre aziende di competere ad armi pari con i nostri concorrenti. C'è anche il tema dei minerali: a breve e medio termine ci sarà un aumento del prezzo di quelli necessari alla transizione e questo può determinare grandi problemi in Italia. Il governo dovrebbe attivarsi>>.
L'inflazione riduce il potere d'acquisto dei redditi. I sindacati già pensano di utilizzare la leva dei rinnovi contrattuali per recuperare il gap.
«Bene ha fatto il governo a detassare i fringe benefit per consentirci di dare un aiuto concreto ai nostri dipendenti. E’ giusto riconoscere loro la perdita di salario reale ma non si possono caricare altri costi sulle imprese messe a dura prova da aumento dei tassi e dei costi di produzione. Per questo motivo proponiamo la completa detassazione dei premi di produzione e degli straordinari. Così si lancerebbe il messaggio: chi più lavora più guadagna. Occorre, poi, diminuire il cuneo fiscale e contributivo per far sì che, pagando la stessa cifra, si possano dare più soldi in busta paga».
Dunque, siete maggiormente favorevoli a un incremento del taglio del cuneo che a un decremento generalizzato delle imposte dirette?
«La riduzione del cuneo è necessaria perché siamo uno dei Paesi con il costo del lavoro più alto in Europa. Anche questo è un modo di liberare risorse che ci consentirebbero di investire nelle aziende e di aumentare la produttività»
Il 2023 è anche un anno decisivo per il Pnrr, messo a rischio dai ritardi e dai rincari.
«Oggi ci sono i fondi ma non sono stati messi a terra i progetti per utilizzarli. Le tematiche sono due. In primo luogo, auspichiamo che i progetti messi in campo siano strategici per cambiare il sistema-Paese. In seconda istanza, abbiamo chiesto al governo la convocazione di tavoli tematici ai quali possano contribuire le associazioni di categoria».
Nel 2035 l'Europa intende mettere al bando i motori termici. Qual è la posizione di Confapi?
«Sarebbe necessaria una presa di posizione di tutti i settori industriali in Italia e in Europa. Il solo effetto-annuncio ha fatto sì che le imprese automobilistiche stiano investendo solo sull'elettrico. Ma il 53% dei componenti all'interno di un'auto è fatto da pmi. Mettiamo a rischio non solo 197mila posti di lavoro, ma un vantaggio competitivo nei confronti dei Paesi extra-europei. Sull'elettrico l'Europa è indietro e così stiamo trasferendo la leadership dell'automotive al resto del mondo. E per ottenere cosa? L'incidenza del trasporto su gomma sulle emissioni di gas serra è del 2%. E poi con l'elettrico non è che non si inquini».