di Massimiliano Del Barba
«L'asset più importante di cui disponiamo sono i nostri collaboratori, la loro salute viene prima di tutto». Questa l'idea di base che ha portato il Calzificio Frank di Botticino ad arrangiarsi per cercare di garantire le misure di sicurezza necessarie per riprendere l'attività. Da martedì prossimo quindi accertamenti diagnostici sui primi collaboratori. I test li ha procurati e li paga l'azienda. a pagina 3
La storia
di Massimiliano Del Barba
È una delle ultime realtà produttive sopravvissute di un distretto, quello delle calze, che ha fatto la storia industriale di Botticino e che negli anni Novanta è stato praticamente fagocitato dalla soverchiante concorrenza asiatica basata sul low cost. Nato nel 1973, sopravvissuto grazie a un mix di tenacia e qualità, sostenuto da un indotto di terzisti complesso e ramificato, alimentato dalle commesse dei big player della moda bimbo e da un crescente export a proprio marchio verso Stati Uniti e Canada, oggi il Calzificio Frank guidato dalla seconda generazione imprenditoriale con i tre fratelli Simona, Roberta e Gianluca Scarpari, prova a tornare in produzione applicando alla lettera il Protocollo sicurezza definito all'inizio di questa settimana dalle associazioni degli industriali, sindacati, Ats, Università di Brescia e Prefettura. «Da martedì inizieremo a fare i test sierologici ai nostri venti dipendenti e man mano li amplieremo anche ai nostri contoterzisti» spiega Simona Scarpari. Martedì prossimo i primi sette collaboratori si recheranno dunque al Centro Diagnostica Strumentale di via Aldo Moro in città che fornisce servizi di medicina del lavoro per eseguire il test sierologico rapido (quello che si effettua con una puntura sul dito). «Ce li siamo procurati e pagati da noi prosegue Scarpari poiché crediamo l'asset più importante di cui disponiamo siano proprio i nostri collaboratori, la cui salute viene prima di tutto». L'azienda, che oggi fattura 2,5 milioni di euro, lavorando per il comparto appare! bimbo (calze e collant), ha tutte le carte in regola per poter proseguire le attività, come da decreto ministeriale che apre alla filiera di chi dispone di codici Ateco free-lockdown. «Ma un conto è la burocrazia, un conto è la sicurezza» chiosa l'imprenditrice, che è presidente di Uniontessile Brescia e associata Apindustria. Il Calzificio Frank ha quindi riorganizzato il layout interno per garantire i distanziamenti adeguati, ha provveduto a effettuare una sanificazione totale di uffici e stabilimento nei giorni scorsi, si è munita di tutti i Dpi necessari e ha sottoscritto per ogni collaboratore un'assicurazione Covid. I tre fratelli Scarpari hanno in pratica eseguito alla lettera le indicazioni contenute nel Protocollo sicurezza della Prefettura e si candidano a essere una delle prime Pmi bresciane a poter ripartire con un livello di sicurezza che, dicono in molti, per i prossimi mesi dovrà diventare la regola per tutti. Da presidente provinciale di Uniontessile, Simona Scarpari però avanza anche un ragionamento politico: «Ha ragione chi dice che se il comparto manifatturiero, specie quello lombardo, non riparte si rischia una recessione pesantissima che avrà ripercussioni importanti sull'occupazione. Mi domando quindi perché il governo non abbia da subito messo in campo regole certe come quelle che stiamo cercando di applicare dotando inoltre le imprese gratuitamente dei test sierologici. Oggi come oggi, infatti, se chi guida un'azienda non se li procura da solo e a proprie spese, rischia di dover aspettare settimane se non mesi, perdendo commesse, fatturato e livelli occupazionali». Le macchine del Calzificio Frank di Botticino quindi da martedì ricominceranno gradualmente a girare: «II lavoro non manca conclude Scarpari anche se, dopo che l'emergenza sanitaria si è propagata anche Oltreoceano, i nostri mercati di riferimento, Canada e Stati Uniti, sono al momento chiusi. Rimaniamo comunque positivi, ce la faremo».
Scarpari
Avremmo potuto ricomincia re grazie ai codici Ateco, ma la sicurezza dei lavoratori è prioritaria