ESAMI E POLEMICHE

Test a tappeto nelle aziende

Test a tappeto nelle aziende, ma c'è polemica perché gli imprenditori sono costretti a sopportare i costi degli accertamenti e a sostituirsi alla sanità pubblica. Test sierologici al via anche all'Alfa Acciai, la prima a fermarsi.
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Test nelle aziende
Imprenditori polemici
Sierologici al via anche in Alfa Acciai

Piccole o grandi, le aziende rappresentano un avamposto per contenere il contagio da Coronavirus. Molti imprenditori, infatti, hanno chiamato i laboratori o gli ospedali privati per capire come fare i test sierologici. «Arrivano numerose richieste, tanto che per gestirle usiamo anche il sito dove ora ci si può iscrivere direttamente» confermano dal Fleming di Brescia, ambulatorio specializzato in Medicina del lavoro. Che l'interesse ci sia lo conferma anche Douglas Sivieri, presidente di Apindustria Brescia, convinto che «un buon 60% ha telefonato subito e si è messo in coda per capire come fare i test sierologici». La domanda si è impennata, superando l'offerta e generando all'inizio difficoltà come la scarsità dei reagenti, un problema che oggi sembra in parte rientrato. Secondo Sivieri, questa «corsa delle aziende» per tutelare i propri dipendenti «è significativa di quanta pressione c'è nei confronti degli imprenditori», chiamati a svolgere una «funzione di controllo della salute di popolazione, in deroga» agli obblighi che spetterebbero «alla sanità pubblica. Se lo screening era a carico delle aziende ra- giona Sivieri perché non l'hanno permesso già a marzo? Quelli che stavano bene avrebbero potuto partire prima». Il lockdown è finito da tre settimane e le aziende sono ripartite, sanificando i locali e dotandosi di termoscanner o termometro per l'ingresso degli operai. «I piccoli non hanno comprato il termoscanner, ma provano la febbre a tutti. Le aziende mediopiccole, pur nella difficoltà, stanno applicando bene le regole del protocollo» sostiene il presidente di Apindustria. Anche l'Associazione industriale bresciana conferma che diverse aziende sono partite con i test sierologici a tappeto. Qualche decina di imprese si appoggiano a Poliambulanza, che offre un pacchetto di servizi mandando il proprio personale negli ambulatori dei medici del Lavoro: viene così garantita la sierologia entro 24 ore e il tampone in tre giorni, senza ingorghi. Poliambulanza è una di quelle realtà che si era approvvigionata per tempo di reagenti, per cui in questa fase le scorte ci sono. Con 60o tamponi al giorno, lo slot dedicato ai privati (fuori dalle regole del servizio sanitario) è del 20%, in accordo con la delibera regionale. Chi partirà domani con i tamponi a tappeto sui propri dipendenti sarà l'Alfa Acciai, tra le prime aziende a fermare la produzione per tutelare gli operai. Prima il laminatoio, poi l'acciaieria, infine il reparto derivati e i servizi. L'indagine è «su base volontaria», ma l'ambizione è di ripeterla «nel tempo», così da garantire «un controllo continuativo dei propri collaboratori». Ovviamente, «nel caso venisse rilevata la positività al tampone verranno seguite tutte le procedure previste dall'autorità sanitaria» spiegano dall'acciaieria. I tamponi a tappeto pagano. O almeno così sembra osservando quanto già emerso con «Scedocov», il progetto di studio realizzato da Aib, Università di Brescia e Spedali Civili. Tra i mille dipendenti di cinque ditte, sottoposti a tampone, è risultato positivo e asintomatico. Un successo, visto che ognuno di loro avrebbe potuto infettare almeno dieci persone, come spiegano gli esperti. Ecco perché la corsa delle aziende ai sierologici e ai tamponi molecolari offre un contributo importante per la salute pubblica di tutti. In molti suggeriscono che la ricerca degli asintomatici vada ripetuta a fine settembre, prima che inizi la stagione più fredda. Nel frattempo, l'altra forma di presidio sono soprattutto mascherine e costi di sanificazione, tutti a carico dei privati. «Bisognerebbe immaginare una defiscalizzazione almeno al 50-60% dice Sivieri -. Mi auguro che non si ripeta ciò che abbiamo visto con il bando Impresa sicura: c'erano più di 200 mila richieste di rimborso per una spesa totale di 1,2 miliardi. E il fondo era di soli 5o milioni. Spariti in pochi secondi: due dita negli occhi. O si aumenta il fondo o si permette la detrazione».

Matteo Trebeschi