Il presidente di Api Torino e la Fase due

Alberto: "Liquidit
à? Un miraggio per 77 piccole imprese su cento"

La coperta è troppo corta: non si può pensare di coprire tutto. E a pagarne il prezzo più alto alla fine è l'industria
di Massimiliano Sciullo


Ripartire s
ì, ma a che costo? E con quali strumenti a disposizione? Anche le piccole e medie aziende torinesi sì sono ritrovate in piena Fase2: una marea in cui le correnti dell'entusiasmo sono spesso mitigate da forti venti di prudenza e incertezza. E il giudizio di Corrado Alberto, presidente di Api Torino, è positivo solo a tratti. «Qualcosa di positivo a livello locale è stato fatto, sia dalla Regione che, nei limiti di quanto possibile, dal Comune. Hanno cercato di intervenire soprattutto su quei settori come il commercio e la somministrazione che soffrivano particolarmente. Ma quel che manca secondo me è la visione generale, a livello nazionale».

 

Presidente Alberto, cosa non la soddisfa fin qui della scelte del Governo?

«Capisco che ci si sia trovati improvvisamente in una condizione di grande emergenza, ma dopo alcune settimane si sarebbe dovuto capire meglio cosa fare. E se già prima del Covid mancava una politica industriale per l'Italia, ora non si capisce quale sia la direzione che si vuole prendere. E poi è chiaro che ci sono risorse scarse, ma proprio per questo non si può tirare la coperta sperando di coprire tutto: si deve prendere una strada».

 

Una vostra indagine recente mostra numeri preoccupanti. Cosa l'ha colpita di più di quelle cifre?

«Sicuramente il calo di fatturato per il 93% delle aziende, in molti casi letteralmente dimezzato. Segno di una sofferenza diffusa che aspetta risposte. Ma anche la stima del costo di 2783 euro per ogni dipendente nelle aziende che intendono ripartire, tra nuove tecnologie per lo smart working e la sanificazione. Tutte spese sacrosante, a parte l'immancabile burocrazia, ma che unite ai cali di fatturato creeranno risultati non positivi in questo 2020. E poi c'è il dato sul ricorso alla cassa integrazione: quasi 9 imprese su 10 hanno già fatto richiesta e meno male che ci sono, questi ammortizzatori sociali».

 

Altrove va meglio?

«In Francia sono stati più bravi, per esempio, mentre negli Usa l'impatto occupazionale è stato più pesante. Qui da noi, l'impressione, è che il Governo non voglia essere vicino alle imprese. Lo dimostra anche il bonus edilizia de1110%: perché solo alle prime case e negandolo ai capannoni aziendali? Si tratta di una misura che si autoalimenta, generando 7 euro per ogni euro investito, che genera lavoro e gettito fiscale. E invece sembra facciano di tutto per complicare le cose».

 

Sulla liquidità come stanno le cose?

«1176,8% delle pmi ha bisogno di sostegno su questo fronte, ma le promesse di snellire e garantire si sono infrante sulle procedure burocratiche. E' la dimostrazione che in politica non serve l'uomo della strada che poi deve fare ricorso alle task force di esperti, ma qualcuno a cui non dobbiamo spiegare magari come è fatta una pmi. Basti pensare che nella task force per le imprese non c'è nemmeno un imprenditore: si capiscono tante cose».

 

Cosa chiede al futuro?

«Che ripartano i consumi, perché tutto si muove da lì. Servirà pazienza, fiducia, ma anche visione in chi ci governa, così come in chi deve vigilare sulle regole».