L'APPELLO

VENEZIA

Hanno convertito la produzione, dedicandosi ai nuovo campo dei dispositivi di protezione individuale. Un modo per fronteggiare la crisi e una non indifferente sfida, che ora rischia però di ritorcersi contro le stesse aziende a causa di alcune lacune legislative e applicative.

 

SCELTA CORAGGIOSA

A denunciarlo è Apindustria Venezia, che in collaborazione con Confapi Treviso nelle ultime settimane ha raccolto i timori delle piccole e medie imprese della città metropolitana e ha deciso di dar loro voce scrivendo al commissario straordinario Arcuri. Sono infatti centinaia le aziende venete che durante il lockdown e l'emergenza sanitaria hanno assuntola decisione di rivoluzionare completamente la propria linea produttiva, virando sulla realizzazione delle richiestissime mascherine. Una scelta onerosa, ma che permetteva di non fermare del tutto il lavoro e di rispondere alle stringenti necessità della popolazione quando i dispositivi erano di fatto introvabili. Dopo il momento della decisione è arrivata la lunga fase delle modifiche agli impianti e dell'infinita burocrazia. Poi il superamento della cima del colle e quello che sarebbe dovuto essere l'inizio della discesa.

 

L'ORDINANZA

Il 26 aprile invece è arrivata un'inaspettata doccia fredda, con l'ordinanza ministeriale che da quel giorno impone la vendita dei presidi a prezzo calmierato, ossia a 50 centesimi più Iva. Disposizione obbligatoria per tutte le tipologie di mascherine certificate come chirurgiche, siano esse usa e getta o riutilizzabili, indipendentemente dal materiale. Quelle lavabili sono il tipo scelto dalla maggior parte delle Pmi, i cui titolari si sono fatti carico di tutti i costi. Da quelli di produzione, fino ai test di laboratorio per le certificazioni e alle richieste avanzate all'Istituto superiore di sanità per far riconoscere le proprie mascherine come presidi medici chirurgici. Presidi che, come tali, sarebbero tenuti a rispettare il prezzo calmierato. L'agognato riconoscimento rischia dunque in ultima istanza di mandare in perdita le imprese.

 

LA RICHIESTA

«Molti hanno addirittura manifestato la volontà di smettere di produrle nonostante tuti gli sforzi profusi finora spiega Confapi -. Per questo abbiamo deciso di chiedere formalmente un chiarimento sull'ambito di applicazione dell'ordinanza del 26 aprile al dottor Domenico Arcuri, il commissario straordinario per le misure contro il Covid e la ripresa. Chiediamo che la calmierazione dei prezzi riguardi esclusivamente le mascherine chirurgiche monouso e non quelle riutilizzabili, auspicando una tempestiva risposta».

Serena De Salvador