L'indagine dell'Api Torino
di Mariachiara Giacosa. a pagina 6
Le piccole imprese vedono nero "Da settembre in poi zero ordini"
Indagine dell'Api, le Pmi stanno smaltendo il lavoro rimasto bloccato durante la quarantena ma non ne hanno altro
Il presidente Alberto: "In autunno oltre a una ripresa dei contagi rischiamo un'ondata di aziende che chiudono"
Quattro imprenditori su cinque hanno subito un calo dei ricavi nel primo semestre, come nella crisi del 2009
Tra i settori più in difficoltà le filiere dell'automotive e del turismo "Serve fiducia per far ripartire i consumi"
di Mariachiara Giacosa
Commesse solo per un mese, e poi più nulla. Le piccole e medie imprese non hanno ordini da smaltire. Chiusi i contratti che erano rimasti congelati dal lockdown, la maggior parte nelle aziende torinesi non avrà nulla da fare. «Gli ordinativi non sono arrivati, la ripartenza non c'è stata» dice il presidente di Api Torino, Corrado Alberto, guardando i dati dell'analisi congiunturale di metà anno condotta dall'Ufficio Studi dell'associazione delle piccole e medie imprese. Che, questa volta, prima ancora del sostegno economico, chiedono alla politica un'iniezione di fiducia nei cittadini «perché ripartano i consumi, altrimenti tutto resta fermo e si finisce a produrre poco, e vendere ancora meno» osserva Alberto. Di questo passo, in autunno «oltre alla ripresa dei contagi, rischiamo un'ondata di chiusure di aziende che vuol dire disoccupazione ma anche perdita di saperi produttivi difficilmente recuperabili». Per questo, sostiene, «è necessario spostare in avanti scadenze e impegni fiscali, impostare una sorta di contabilità-Covid che preveda una forte iniezione di liquidità, per favorire l'export e i settori strategici come le grandi opere e dell'automotive, liberati dalla burocrazia». A due mesi dalla fine del lockdown, gli imprenditori vedono nero: il 66,4 per cento si aspetta «tempi di recupero troppo lunghi con effetti drammatici sullo stato di liquidità di molte imprese». Per sei aziende su dieci, c'è lavoro solo per il prossimo mese, e appena un imprenditore su cinque pensa che il peggio potrebbe essere passato. Nei primi sei mesi dell'anno 1'80 per cento delle imprese ha subìto un calo degli ordinativi e del fatturato: una situazione paragonabile alla crisi del 2009 con saldi negativi del 69,3 e del 75,4 per cento. E le cose vanno solo di poco meglio per chi lavora sui mercati esteri e registra in media un calo del 46,9 per cento. Gli effetti del coronavirus sulla disoccupazione ci saranno, ma non si vedono ancora perché più di 8 aziende su dieci ha fatto largo ricorso alla cassa integrazione. «Senza un'inversione di rotta avverte Alberto rischia di essere solo una questione di tempo, per altro nemmeno tanto. Solo 5 imprese su 100 hanno fatto nuove assunzioni, mentre quasi tutte hanno stoppato gli investimenti a causa dell'incertezza sanitaria ed economica». Assieme alle attività commerciali, turistiche e di ristorazione, il settore manifatturiero resta tra i più sofferenti, con il crollo dei livelli di produzione (meno 84,8 per cento). «Tutta la filiera dell'auto è ferma, come pure la componentistica, ma anche chi lavora per l'indotto dell'accoglienza, del turismo e per la ristorazione» sottolinea il presidente di Api. Da leader del fronte dei favorevoli alla Tav, Alberto chiede poi un cambio di passo sulle grandi opere: «Bene il decreto del governo, ma ora si faccia in fretta a nominare i commissari» dice. Compreso quello per la Torino-Lione che, sostiene, «è fondamentale se si vogliono sbloccare i 100 milioni di opere complementari in Valsusa che darebbero lavoro a decine di nostre piccole e medie imprese artigiane, dell'impiantistica e delle costruzioni».