IL DIBATTITO
Una comunità più unita per i giovani
di Corrado Alberto
Esiste un momento in cui scocca la scintilla dell'impegno? C'è un istante particolare nella vita di ciascuno di noi che ci spinge ad inserire nella nostra agenda quotidiana qualcosa che vada oltre lo stretto perimetro dei nostri interessi? È giusto pensare che ci debba essere sempre qualcun altro ad occuparsi del bene comune e che a noi rimanga solo il "dovere" di criticare? Ci sono state o ci sono ancora cause che tengono chiusa la porta alla nostra partecipazione? Chi vive e lavora a Torino ha buon diritto di porsi queste domande: ce lo impone d'altra parte la storia della nostra città, dove risuona ancora l'eco dell'azione di chi, nei settori più disparati, dal sociale all'industria, si è messo in gioco a disposizione della collettività.
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Una comunità unita a sostegno dei giovani
di Corrado Alberto
Anni di malcostume nella gestione della politica nazionale hanno scatenato una reazione immunitaria che ha allontanato i cittadini dalle istituzioni e ha spinto a concentrare nella delega propria del voto l'unico punto di contatto con un mondo sempre più lontano e visto come ostile e in concorrenza con gli interessi dei cittadini. È accaduta una cosa molto simile a quanto si verifica in molte nostre piccole e medie imprese, e in modo ancora più allargato nell'economia reale e nella società civile: si è creato un cortocircuito che ha allontanato le nuove generazioni dal cuore delle nostre comunità. Non abbiamo trovato una soluzione, ci siamo limitati a dargli un nome: passaggio generazionale. Usando questa definizione come paravento, molti imprenditori, pur avendo lavorato molto e bene, non hanno permesso alle nuove generazioni di confrontarsi con il mercato e con la realtà; a ruota politici, accademici e professionisti in nome dell'esperienza si sono arrogati il diritto di sbagliare da soli non permettendo ai giovani di crescere e sbagliare. Ora viviamo in una nazione che vede i suoi giovani migliori volare verso lidi stranieri dove sanno di trovare riscontro sicuro per le loro capacità, e ci interroghiamo su quale risposta possa dare la società civile alle carenze che vediamo nella politica. La risposta è dentro ciascuno di noi. Dobbiamo tornare ad aggregare singoli comportamenti virtuosi consci che non esiste un attimo fuggente per impegnarci ma che l'impegno quotidiano è il mattone che costruisce la casa comune. Non si diventa cittadini al compimento della maggiore età ma alla nascita, così come non si diventa imprenditori quando si riceve un'investitura ma a partire dal primo giorno in cui si entra in azienda. Tutto questo vale anche per Torino. Se la partecipazione si esprime con l'impegno nel sociale, nel mondo del lavoro, nella scuola i benefici ricadono in modo naturale sulla politica, l'uno diventa sostegno dell'altro e si rianima quello straordinario organismo che è la nazione nel suo complesso. Mettersi a disposizione, partecipare, non devono essere azioni figlie di un desiderio di protagonismo ma dirette conseguenze del sentirsi parte di una comunità inclusiva che sappia valorizzare le competenze e lasciare lo spazio perché queste possano crescere; i successi ed i fallimenti sono conseguenza dell'azione corale, tutti possono sentirsi parte di una vittoria ma nessuno può evitare di assumersi le responsabilità di un insuccesso, d'altronde non serve mandare a quel paese chi governa o amministra per prenderne il posto e operare con la stessa arroganza ma minor esperienza. I progetti che si sono concentrati negli ultimi tempia Torino da quelli per la rinascita delle aree industriali di Corso Marche e di Tne fino al centro per per l'intelligenza artificiale e alle Atp Finals di tennis rappresentano il banco di prova dell'impegno della società civile: lì il lavoro dei corpi intermedi deve mettersi a servizio del territorio. Gli spazi dove esercitare la nostra libertà di partecipazione sono, fortunatamente, molti, alcuni più visibili e strutturati come le associazioni di categoria, i sindacati, i partiti, altri meno ma altrettanto fondamentali. Siamo comunque chiamati a mettere alla prova il nostro civismo. Giorgio Gaber cantava: "Libertà è partecipazione". Difficile dire quale sarà il futuro di Torino. Ma un futuro costruito da tutti, sarà migliore di quello costruito da pochi. Partecipare, dunque. Come ricordava Gaber libertà non è "star sopra un albero", ma scendere e appunto partecipare.