Russo, Marchetti e Sassi raccontano come le loro aziende hanno saputo adattarsi al tempo del Covid E quanto questa esperienza influenzerà le strategie indirizzate a un ritorno verso il vero "core business"
a cura di Massimiliano Sciullo
Leva spa
"Tra i nostri clienti dell'automotive ora c’è anche Bmw"
Hanno vinto il premio Chiave a Stella 2020 per la categoria "media impresa" e rappresentano la tipica storia torinese di tradizione e innovazione. Sono la Leva spa, nata come selleria ne11957 e specializzata in progettazione e produzione di elementi estetici dell'automotive, in particolare per gli interni della vettura. Investimenti e ricerca: per l'azienda guidata da Alberto Russo, che l'ha rilevata trentenne nel 2001, erano già le parole d'ordine prima che si abbattesse il ciclone Coronavirus. «All'epoca racconta il titolare era una realtà di 15 dipendenti, col tempo abbiamo inserito nuove lavorazioni e strumentazioni tecnologiche. Ogni anno accantoniamo gli utili per creare un capitale da reinvestire, anche andando ad ampliare la gamma prodotti e i settori in cui siamo presenti. Oggi abbiamo anche il press-covering, la termoformatura e molti altri processi automatizzati anche con robot antropomorfi: siamo così riusciti a ritagliarci un nostro spazio, arrivando a fatturare 20 milioni. Nel 2020 confermeremo i risultati del 2019, nonostante crisi dell'automotive e Covid». Per centrare questo traguardo, però, è stato necessario rimboccarsi le maniche: «Spingiamo molto sull'automazione dei processi, per competere con i concorrenti stranieri dice Russo e da poco abbiamo preso come cliente anche Bmw, ma senza trascurare il valore del capitale umano delle maestranze che resta un nostro tratto distintivo». Ora i dipendenti sono più di 200 e una parte a marzo-aprile si è dedicata a produrre anche mascherine: «Centomila pezzi in pochi giorni, ma passando presto a modelli sempre più evoluti e a costi accessibili». Il risultato si chiama "open source", una sorta di mascherina-origami che non prevede saldature o cuciture che è l'esempio dell'ingegnosità italiana
Alberto Marchetti & c.
"Sorpresi anche noi dal successo del gelato delivery"
«Lo ammetto, siamo rimasti sorpresi anche noi. All'inizio del lockdown ero molto scettico sull'utilizzo delle nuove tecnologie per continuare a fare il nostro lavoro, ma già all'inizio di aprile eravamo in piena corsa». Chi racconta, è Alberto Marchetti, titolare della storica catena di gelaterie torinesi, anche lui colpito dall'obbligo di chiusura anti-pandemia e vincitore nella categoria Piccola impresa. «Fin dal primo giorno di chiusura, utilizzando le piattaforme di video-comunicazione, ho voluto mantenere il contatto con tutti i miei collaboratori racconta -: volevo mantenere lo spirito di squadra, contribuire ad alzare il morale, ma anche approfittare di quei giorni per fare attività che potessero essere formative. Piccoli corsi di gelateria, ma anche la conoscenza di determinate dinamiche come quelle dei rapporti con i fornitori». Ma le nuove tecnologie avrebbero dovuto fermarsi lì. «Francamente non ci credevo alla possibilità di fare delivery, magari prendendo le ordinazioni tramite i cellulari. E invece abbiamo presto capito che avremmo dovuto allinearci. Siamo ripartiti e dal 2 aprile eravamo già pronti alle consegne, in scooter o in auto». E con effetti positivi che a prima vista sfuggivano: «Ordinare il gelato con la consegna a casa permette di gustarlo nella condizione migliore, cremoso, senza magari comprarlo alle 19 e metterlo in frigo fino alle 22. La risposta dei clienti è stata ottima e siamo andati avanti su questa strada, ma non solo», racconta ancora Marchetti. E adesso ci sono anche la newsletter e tante proposte, anche verso il Natale: «Dal bunet nel vasetto ai rubatò, i nostri grissini dolci. Ma anche i panettoni, creati con altri pasticceri. Oggi è il mio compleanno, poi, quindi faremo delle sorprese con il tiramisù. Di certo, non torneremo più indietro, sul digitale»
Ntek
"Nel nostro futuro non solo rumori Spazio all'health care"
Erano "cacciatori di rumori", ma con l'emergenza sanitaria si sono scoperti anche esperti di salute e sanificazione. Per la categoria "Micro impresa" il riconoscimento è andato alla NTek, azienda che ha in Giancarlo Sassi il suo amministratore delegato e che ha saputo reinventarsi nel momento di difficoltà collettiva. «Noi nasciamo come azienda per il collaudo degli edifici, tanto che nostre apparecchiature sono state utilizzate anche per il Grattacielo di Intesa San Paolo racconta Sassi poi ci siamo ampliati anche alle case e alle navi da crociera, arrivando via via a campi di applicazione sempre maggiori». Vibrazioni e rumori, in particolare, erano (e sono tuttora) la loro specialità. Ma quella che era nata come una sorta di cabina per l'isolamento acustico, nei mesi scorsi ha rivelato una nuova applicazione. «Serviva per creare una zona di comfort odi isolamento, magari in open space e zone comuni dice ancora l'ad -, magari con un occhio all'estetica. Ma quando ci siamo trovati in lockdown, con il nostro staff abbiamo riflettuto su nuove possibili applicazioni. E così abbiamo pensato che la si poteva riconvertire in maniera utile rispetto alla lotta contro il Covid». Da isolamento acustico, la cabina di NTek ha preso a occuparsi di ambienti sterili: «Abbiamo collocato un letto, un comodino, uno scambiatore d'aria e altre strumenti che potessero garantire la salubrità all'interno. Per esempio sensori e scanner in grado di fornire dati utili a un pre-triage da comunicare ai sanitari, nel caso venisse fatto accomodare un sospetto contagiato. Ma questo può valere per le case, per le aziende, così come per le scuole». E ora non si fermeranno: «La divisione health-care andrà avanti, c'è stata una presa di coscienza collettiva importante. E può avere molte applicazioni, per esempio peri malati oncologici».