Mai così alti i differenziali esistenti tra i 36 Paesi che aderiscono all’Ocse. Nella graduatoria 2020, riferita all’anno 2019, l’Italia dopo Belgio e Germania si attesta al terzo posto nella classifica con un cuneo fiscale del 48%. «Una situazione ormai insostenibile e che mette sempre più in serie difficoltà le Pmi - conferma il presidente Roberto Migliorini - occorre diminuire la tassazione su quei fattori che incidono sulla produzione industriale, e mi riferisco in particolare al costo del lavoro e alla tasse patrimoniali vessatorie che gravano sulle nostre imprese. Si deve capovolgere il paradigma tutto italiano per il quale i contribuenti - a differenza degli altri Stati europei dove sono considerati clienti – sono, qui da noi, da perseguire».

Migliorini non condivide le politiche governative, responsabili, a suo dire, di non aver portato avanti valide strategie e intrapreso reali iniziative di sostegno alle aziende. «Chiediamo – spiega il numero uno di Unionmeccanica Emilia - che vengano attuate politiche che sgravino di tanti ed inutili fardelli le aziende, al fine di renderle competitive in un mercato sempre più globale e garantendo inoltre maggiore liquidità ai lavoratori. Pensiamo in particolare al carico fiscale complessivo sui profitti di impresa che supera abbondantemente la quota del 65 per cento e che è ormai diventato inaccettabile per tutti i nostri imprenditori».

Migliorini, da sempre attento alle reali necessità delle piccole e medie imprese che mai, come in questi ultimi anni, sono state vessate da imposte e fardelli, oltre a sopportare il peso di una burocrazia opprimente snocciola alcuni dati: «L’Italia occupa il terzo posto con un cuneo fiscale del 48%. Tale percentuale è composta per il 16,8% da imposte personali sul reddito e per il 31,2% di contributi previdenziali che ricadono in parte sul lavoratore (7,2%) e sul datore di lavoro per il 24%. Rispetto ai nostri tre principali concorrenti dell’area Euro, in Germania la contribuzione a carico dell’impresa è circa la metà rispetto all’Italia e, in Spagna, la somma degli oneri fiscali e previdenziali risulta più bassa, circa il 65% del salario erogato al lavoratore contro circa il 91% dell’Italia». E conclude «Ci troviamo ancora una volta davanti ad un Paese ingessato con problemi immutati, dove non ci si rende conto che la crescita la crea il lavoro, ed il lavoro lo crea l’industria, viste le resistenze ad ogni riforma ed ogni cambiamento. A volte penso che se al governo ci fossero gli imprenditori, ci troveremmo sicuramente a commentare uno scenario diverso».

Infine l’ultimo affondo: «Oggi che ci troviamo di fronte al rinnovo del contratto per i metalmeccanici è l’opportunità per il Governo di dare un segnale concreto per modificare questa situazione ed inoltre ritengo che bisognerebbe detassare gli straordinari al fine di garantire più liquidità ai nostri lavoratori e maggiore competitività per le imprese Italiane».