L'analisi di Apindustria su un campione di 650 Pmi: scala dimensionale oggi dirimente
 
Tre imprese su quattro se la passano bene, hanno i conti a posto e una buona sostenibilità finanziaria. Un quarto invece è vulnerabile, con qualche elemento di rischio, che è molto alto per una piccola parte. A dirlo è lo studio interno fatto da Apindustria Confapi Brescia che ha messo sotto la lente 650 imprese associate, una buona fetta delle quali metalmeccaniche. Lo studio è stato realizzato come primo lancio di un servizio di analisi del rischio che cerca di capire lo stato di salute delle imprese facendo una analisi del rating che si basa sulla classificazione adottata da Modefinance, agenzia di rating del credito regolamentata a livello europeo. Dieci i voti, dalla tripla A che indica un'azienda eccellente con estrema solidità e massima capacità di onorare le obbligazioni assunte, fino al rating D che indica l'azienda protestata o con mancati pagamenti ufficialmente dichiarati. «Il riscontro che emerge è nel complesso positivo — osserva la responsabile del centro studi di Apindustria, Maria Garbelli —, ma emergono differenze non da poco in base alla classe dimensionale». Le imprese con le spalle più larghe, quelle oltre i 250 dipendenti, sono tutte tra le «equilibrate» e le «sane». Poco cambia nella classe 50-250 dipendenti, dove però inizia a vedersi qualche vulnerabile. Più si scende più aumenta la fragilità, con imprese vulnerabili o a rischio che sfiorano o superano (in quelle micro fino a dieci dipendenti) la soglia del 30%. In particolare, a destare preoccupazione, è l'indicatore sulla liquidità delle imprese, problema che interessa un terzo circa delle imprese del campione, che diventa il 73% tra le imprese vulnerabili. Il presidente di Confapifidi Mario Magazza conferma il tema critico della classe dimensionale mentre il consulente fiscale dell'associazione Luigi Meleleo ricorda che l'indagine è frutto dell'elaborazione dei bilanci 2019 delle imprese, pre pandemia quindi, e per capire l'impatto della crisi (che sicuramente ha peggiorato la situazione di alcuni), bisognerà aspettare una prossima indagine. Alla luce dei dati sopra esposti, è emersa comunque la necessità anche di un'opera di sensibilizzazione tra gli associati e, al contempo, la volontà di offrire loro servizi sempre più puntuali, come osservato dal direttore esecutivo Leonardo Iezzi. Sullo sfondo anche il grande tema del codice della crisi d'impresa che dovrebbe entrare in vigore in autunno, anche se è sempre più probabile un suo slittamento, almeno per le misure di allerta esterna. Proprio nelle scorse ore, infatti, le commissioni Bilancio e Finanze del Senato hanno approvato gli emendamenti relativi nell'ambito del decreto Sostegni Bis. «Accogliamo il passo in avanti verso uno slittamento dell'introduzione delle prescrizioni del Codice con favore — afferma il presidente di Apindustria Pierluigi Cordua —, ribadendo però quanto l'attuazione nel 2021 sarebbe rischiosa per le nostre Pmi già colpite dagli effetti della pandemia. Chiediamo però che tale provvedimento non si riveli iniquo: la maggiore fragilità, infatti, è racchiusa nelle imprese con un numero di addetti più ridotto. A loro, pertanto, va rivolta attenzione particolare da una normativa che non le colpisca in maniera sbilanciata». Il 13 maggio ci sarà un webinar dedicato al tema, al quale interverrà anche il deputato bresciano Alfredo Bazoli, tra i relatori della legge. «Il suo contributo — osserva Cordua — fornirà ulteriori spunti di riflessione».