La denuncia di Colaci, numero due di Confapi Torino, che chiede di rimediare alle carenze nelle case di riposo: "Stop al numero chiuso nei corsi professionali"
Nelle Rsa mancano infermieri e noi non ne troviamo in Italia e siamo costretti ad assumerne dall'Albania, Romania e Slovenia». Parola di Michele Colaci, vicepresidente di Confapi Torino che chiede di eliminare il numero chiuso nei corsi universitari che sfornano questi professionisti o di ampliare il numero di posti per poterli frequentare. «Con tanti disoccupati in Italia chiamare personale da fuori dispiace — dice il vicepresidente — ma nonostante i miei appelli, per ora su questo fronte non è stato fatto nulla». A distanza di un anno da quando si era verificata la prima grande fuga di infermieri verso le strutture pubbliche, il problema è ancora attuale, forse aggravato dal rientro in casa di riposo di tanti anziani che durante i lockdown erano stati tenuti a casa. «Queste figure sono diventate merce rara e quando si trovano costano anche un 40% in più rispetto al passato. In media oggi si pagano tra i 27 e i 30 euro l'ora mentre prima non più di 22 euro», ricorda il vicepresidente. Stesso problema si sta verificando con i medici di base. «Questi camici bianchi — prosegue Colaci — sono sempre più difficili da reperire, ma sono figure fondamentali: sono loro che vengono a visitare i nostri nonni, a verificare che stiano bene». Ai maggiori costi per reperire personale, si devono poi aggiungere quelli di sanificazione per garantire la sicurezza ed essere in regola con le norme anti-Covid. Eppure, le tariffe che la Regione mette per ogni ospite convenzionato non sono state ancora aggiornate. «Stiamo dialogando ma per adesso le tariffe sono immutate, uguali a quelle del pre-pandemia. — spiega il vicepresidente di Confapi Torino — Così i conti di molte rsa sono ormai in rosso». Anche perché gli anziani ospitati in queste strutture (in Piemonte circa 700), sono diminuiti rispetto al 2019. «Prima dello scoppio della pandemia il tasso di occupazione medio delle Rsa arrivava al 90%, per poi crollare nel 2020, durante il Covid, scendendo addirittura al 60% durante i lockdown», ricorda Colaci. Ora le cose stanno pian piano tornando alla normalità. Gli anziani rientrano in struttura. E il progressivo invecchiamento della popolazione gioca a favore delle Rsa. «Oggi comunque siamo ancora a un tasso di occupazione intorno al 77%, mentre per coprire i costi di struttura sarebbe necessario arrivare al 90% come nel periodo precedente all'emergenza sanitaria», prosegue il vicepresidente, convinto che il calo degli ospiti sia dovuto a vari fattori. «Le nostre strutture sono invece molto sicure», sostiene Colaci. Che si dice ottimista per il futuro: «La situazione si normalizzerà— conclude — e già nel 2022 sono convinto che si possa ritornare ai tassi di occupazione che conoscevamo prima dell'arrivo del virus».