I costi del gas con cui si I produce il 47% dell'energia elettrica necessaria al sistema Brescia è triplicato e così negli ultimi 13 mesi le io5mila imprese bresciane si sono trovate a pagare un miliardo in più in bolletta. Confindustria e Apindustria ora stanno per chiudere un importante accordo con A2A, prima multiutility in Italia ad offrire sconti del 30% sul prezzo dell'energia al comparto industriale: in cambio però chiede garanzie sulla durata minima dei contratti (3-4 anni).
La crescita esponenziale del costo dell'energia iniziata nel 2021 e che sembra aver trovato il suo apice nel mese di gennaio, presenta un conto salatissimo per le 105 mila imprese bresciane (che danno lavoro a quasi mezzo milione di persone): negli ultimi 13 mesi si sono trovate a pagare quasi un miliardo in più per le bollette di luce e gas. E il devastante effetto del caro energia, che colpisce molto più la nostra provincia che altre, perché qui ci sono molte aziende energivore, come le acciaierie con i forni ad arco elettrico. L'industria consuma i due terzi dei 13 miliardi di Kwh di energia elettrica assorbiti dalla provincia. E vanno aggiunti i consumi di metano. Gli appelli al governo partiti dal mondo imprenditoriale hanno trovato una risposta giudicata ancora inadeguata (10,2 i miliardi di aiuti per l'intero Paese). Gli ordinativi non mancano ma si è arrivati al paradosso di lavorare in perdita per pagare le bollette. Nel breve termine sono state adottate strategie emergenziali: c'è chi ha chiuso per 4o giorni (come le Fonderie di Torbole) e chi (come Feralpi) ha deciso di non lavorare nelle tre ore più costose della giornata. Ma nel medio e lungo termine servono risposte strutturali. Confindustria Brescia e Apindustria stanno valutando con interesse la proposta prima in Italia avanzata dalla multiutility A2A architettata dal suo amministratore delegato, Renato Mazzoncini, ingegnere bresciano che conosce bene la sua terra: si stanno pattuendo contratti con un costo dell'energia inferiore al prezzo di mercato. E bloccato per 3 o 4 anni. Un costo ovviamente superiore a quello del primo semestre del 2020 ma di gran lunga inferiore a quello stimato oggi dallo stesso centro studi di Confindustria: +166% per l'elettricità e +231% per il gas (rispetto al 2019). Logicamente A2A non è una onlus e intende «rientrare» dalla vendita di energia sottocosto nei prossimi anni, quando il prezzo è previsto in calo. A2A, contattata in merito alla trattativa, «conferma la propria disponibilità a sottoscrivere con i propri clienti contratti di fornitura pluriennali ad un prezzo mediato sull'intero periodo, consentendo quindi di beneficiare sin da subito della riduzione dei prezzi prevista dai mercati forward per gli anni successivi al 2022» fa sapere in una nota. L'assetto contrattuale prevede inoltre la flessibilità da parte dei clienti di acquistare anche solo una percentuale del proprio fabbisogno. Lo sconto previsto? «Il beneficio atteso in termini di riduzione di costo della componente materia prima dell'energia elettrica per l'anno in corso, con lo scenario di prezzo per il periodo 2022-2025 di oggi, si attesta fra il 25% e il 30%» precisa A2A, che premette: «la strada da perseguire nel medio periodo è quella di investire nella produzione da fonti rinnovabili per rendere il Paese indipendente», un approccio valevole «anche per privati e imprese». «Pagare meno adesso e qualcosa in più tra due anni darebbe ossigeno a diverse aziende ma logicamente A2A vuole delle garanzie e si sta pensando a delle fidejussioni» commenta Roberto Zini, vicepresidente di Confindustria Brescia, anche se la trattativa con A2A è seguita direttamente dal presidente Franco Gussalli Beretta, supportato da tutto il consiglio direttivo. L'offerta di A2A sarebbe destinata alle imprese che non sono riuscite a spuntare, negli ultimi due anni, contratti convenienti sul mercato libero, dove si poteva bloccare il prezzo di luce e gas per un biennio. «Il costo dell'energia calerà un poco in primavera ma resterà ben al di sopra del periodo pre-crisi» commenta Zini che invita il Governo a reperire più risorse nazionali di metano, fonte fossile con cui si produce il 47% dell'energia elettrica del Paese (contro il 26% della Spagna, il 17% della Germania, il 6,6% della Francia). Nel 1997 un terzo del metano era di produzione nazionale (19 su 58 miliardi di metri cubi consumati), nel 2020 dei 7o miliardi consumati solo il 5,5% era estratto in Italia. Era più conveniente importarlo dalla Russia. Era. Ed i ritardi nel potenziare le fonti rinnovabili presentano il conto.