Gli studenti si ribellano all'alternanza scuola lavoro, lo urlano nei cortei e dai cortili delle oltre 40 scuole occupate. Ma le aziende che ne pensano? A Torino, secondo il registro nazionale per l'alternanza scuola-lavoro, ci sono 1884 imprese disponibili ad accogliere studenti per la formazione. Un po' meno della metà delle aziende iscritte all'Api ha aderito a questi progetti.
Corrado Alberto, presidente Api Torino, il sistema dell'alternanza scuola lavoro è da ripensare?
«Non è forse la soluzione di tutti gli incontri tra mondo del lavoro e la scuola, ma non è di sicuro neanche sfruttamento di manodopera a costo zero degli studenti in posti pericolosi come ho sentito dire. La sicurezza e necessaria, sempre. Premesso questo, l'incontro tra studenti e mondo del lavoro è imprescindibile. Questo i ragazzi lo devono capire perché le loro istanze sono corrette, ma vanno portate avanti con il ragionamento non solo con la rabbia. A loro dico che è giusto arrabbiarsi, ma da qui deve partire una riflessione costruttiva».
I ragazzi dicono che molti stage non c'entrano con il loro percorsi di studi. Cosa replica?
«Quanti ragazzi andranno a fare esattamente quello che immaginavano sarebbe stato il loro lavoro? E non perché si dovranno accontentare, ma perché magari scopriranno professionalità e modi di inserirsi nel mondo del lavoro che nemmeno si immaginavano restando seduti al banco».
Le aziende sono favorevoli ai percorsi di alternanza?
«Per le imprese è un impegno, ma chi decide di partecipare lo fa perché ritiene importante questo dialogo. A molti piace aprirsi ai giovani. Alcuni dei nostri iscritti hanno mantenuto contatti con i ragazzi dell'alternanza e hanno offerto loro un ruolo come apprendisti, completato il percorso di studi. Questi sono esempi di successo».
Però qualcosa va cambiato?
«Si possono migliorare molte cose, tanto dipende dall'incontro tra tutor in azienda e studenti e per questo serve la buona volontà di entrambi, le aziende devono creare percorsi che incuriosiscano i ragazzi, ma lo studente deve pensare alle ore in azienda come un'opportunità non come una perdita di tempo. Demonizzare un percorso che è diventato sempre più necessario è sbagliato. Scuola e lavoro non possono più essere due mondi impermeabili».