Aumento delle materie prime, imprese sempre più in difficoltà e consumatori che vedono sempre più ridotte le capacità di spesa. La guerra in Ucraina sta alimentando la crisi ormai in corso anche per la pandemia: tra inflazione e caro energia la via d'uscita sembra sempre meno agevole. «C'è molta preoccupazione spiega Giuseppe Oliviero presidente di Campania Nord della Confederazione Nazionale dell'artigianato perché le nostre imprese hanno rapporti commerciali con la Russia. Basti pensare all'artigianato, ai beni di consumo e moda. Le restrizioni imposte dalla Nato penalizzano le aziende. I costi dell'energia sono triplicati, ma i contratti sono sempre gli stessi. Poi siamo sempre alle solite, non ci sono state politiche sull'energia e solo adesso ci rendiamo conto che dipendiamo dagli altri. Non abbiamo, per esempio, gassificatori. Va aperta una riflessione: bisogna sfruttare le nostre risorse interne».
Carla Della Corte, presidente della Confcommercio Napoli, è preoccupata: «E paradossale quello che stiamo vivendo. L'oro per esempio è alle stelle. Il che non significa che i consumatori non comprano: alle volte può essere un bene rifugio, ma i gioiellieri non sempre sono contenti. È uno sconforto generale, si vive nell'incertezza e dopo il Covid anche la crisi e il conflitto in Ucraina, C'è il panico per la merce ordinata che non si sa se arriva e se andrà venduta. E se quindi sarà una stagione normale o no. Tutto dipende da quanto durerà il conflitto. Deve partire, per esempio, la nuova collezione primavera-estate e con essa vari eventi ma in questo periodo non c'è l'entusiasmo giusto».
Emilio Alfano presidente Confapi (Confederazione piccola e media industria privata) della Campania pone l'accento sulle difficoltà nell'export: «Abbiamo sempre guardato la Russia come mercato di riferimento che ora di sicuro verrà meno. Ci sono danni non indifferenti, prima c'era una forte disponibilità finanziaria soprattutto da aziende del Sud che avevano succursali proprio in Russia, che quindi imporrà delle restrizioni anche a noi. Dobbiamo solo sperare che questo conflitto finisca nel più breve tempo possibile, altrimenti saranno guai per tutti i settori». Il grido d'allarme più forte arriva dalla Coldiretti Campania: «Importiamo molto grano dall'Ucraina ha spiegato il presidente Gennaro Masiello e anche dalla Russia. Oltre all'aumento dei costi delle materie prime, ci sono per esempio i concimi che rischiamo di non trovare sul mercato. Oltre al danno anche la beffa. La primavera sarà un'incognita incredibile e instabilità. In questo modo si sta scombussolando tutto l'equilibrio della filiera. Chi è in grado di reggere aumenti dei costi andrà avanti, ma non sarà facile. Penso ai pastifici e anche le aziende agricole sempre più in crisi. Sono raddoppiati i costi dei mangimi, la soia, il mais. Per non parlare delle altre produzioni: carne, viticoltura, tutte in grave difficoltà. Addirittura le bottiglie e i tappi, stentano ad arrivare. Il problema è che l'agricoltura non può spegnere i motori: dobbiamo andare avanti». Marcello Picone, presidente dell'unione consumatori di Napoli evidenzia l'aumento dei costi, in alcuni casi non giustificati: «Colpiscono i meno abbienti e di certo non bastano gli aiuti governativi. Mi auguro che una volta che sia rientrato il conflitto russo-ucraino gli aumenti rientrino dopo una certa speculazione, soprattutto sulla benzina e l'energia. Ci scrivono in tanti per l'aumento del caffè che in alcuni esercizi viene venduto a un euro e 20 centesimi. Noi non possiamo che dire di non andare più in quel bar: siamo in un sistema di libero mercato. Veniamo da due di anni di chiusure, ora aumenti di bollette e benzina. Così si arriva a un punto di non ritorno. Abbiamo chiesto rateizzazioni per l'elettricità, per il gas: si finirà per pagare sempre. Questa crisi bellica porterà ad un aumento del 20-30%: è davvero insostenibile».