Nel 2021 il numero complessivo degli occupati in provincia di Brescia è di 542 mila unità, in crescita dell'1,5% rispetto alle 533 mila del 2020. La crescita dell'occupazione ha riguardato in modo leggermente più marcato la componente femminile (da 215 mila circa a 219 mila) rispetto a quella maschile (da 319 a 322 mila). A osservarlo sono i dati Istat. La crescita riscontrata nel 2021 non è stata però sufficiente per colmare il gap con il pre-Covid (erano 553 mila nel 2019. In un contesto di ripresa economica molto spinto il tasso di disoccupazione è lievemente cresciuto (dal 4,4 al 4,9%) per effetto del maggior numero di persone che si sono attivate per cercare un lavoro. Gli uomini in cerca di occupazione sono passati da 9 a 13 mila, le donne sono invece diminuite (da 16 a 15 mila). L'evoluzione dell'occupazione nel territorio bresciano risulta più intensa di quanto rilevato in Lombardia (+0,4%) e in Italia (+0,8%). Sul versante dei profili maggiormente richiesti nel mercato del lavoro bresciano secondo le elaborazioni del Centro Studi di Confindustria Brescia effettuate dalla piattaforma WollyBi che monitora gli annunci di lavoro offline rilevati nel territorio -, nel 2021 le domande di lavoro formulate dalle imprese bresciane hanno riguardato prevalentemente le macro categorie dei tecnici (19,9% degli annunci complessivi), degli artigiani e operai specializzati (18,2%), delle professioni tecniche e scientifiche (15,5%) e delle professioni non qualificate (15,1%). «Questi dati evidenziano sempre più la grande richiesta delle nostre aziende cli alcune figure e competenze che faticano a emergere commenta Roberto Zini, vice presidente di Confindustria Brescia con delega a Welfare e Relazioni industriali -. Dovremo continuare a lavorare in questa direzione, ma non solo. E infatti sempre più centrale il tema della valorizzazione delle risorse umane nelle imprese, in particolare dopo la pandemia. Oggi i lavoratori cercano all'interno dell'azienda non solo una soddisfazione reddituale, ma anche una realizzazione personale e un corretto punto di equilibrio tra vita e lavoro. Non a caso, sempre più spesso si parla del fenomeno big quit, la crescita di dimissioni su base volontaria». Se il 2021 ha mostrato una crescita occupazionale, più di un timore per il 2022 viene però espresso da Apindustria Confapi Brescia nel commento ai dati: «Il problema è di prospettiva afferma il presidente di Apindustria Confapi Brescia Pierluigi Cordua i costi crescenti stanno riducendo sempre più la marginalità delle imprese. A questo si accompagna una riduzione della domanda e quindi un rallentamento generale dell'economia». «Se fino a poche settimane fa prevaleva l'ottimismo osserva il direttore dell'Ufficio relazioni sindacali e industriali di Api Raffaello Castagna -, da alcune settimane la percezione è cambiata. Costi energetici da una parte e impossibilità di ricevere componenti e materie prime dall'altra stanno dando grandi problemi. Tutto questo sta creando incertezza e, nel concreto, un aumento delle richieste di cassa integrazione. Una crisi anche anomala per certi versi: gli ordini ci sono, ma per più cause non si riesce ad evaderli». Resta anche il tema di fondo della qualità dell'occupazione: «Le imprese continuano a lamentare una mancanza di manodopera specializzata, che in alcuni casi provoca anche un rallentamento della produzione», osserva Cordua. RIPRODUZIONE RISERVATA