«Tempesta perfetta». Poco importa che il termine venga dalla meteorologia o evochi il film con George Clooney. La sostanza è identica: il combinato disposto di eventi avversi. È sulla bocca degli imprenditori piemontesi: pandemia, inflazione, caro bollette, difficoltà a reperire le materie prime. E ora che s'iniziava a vedere la ripartenza, ecco l'invasione dell'Ucraina. Con tutto ciò che ne consegue. E a cui spesso non si pensa. L'effetto domino sull'economia locale inizia a sentirsi. Lo sanno alla Michelin, dove ieri e sabato hanno sospeso la produzione per il secondo week-end di fila. Chiusi gli stabilimenti di Cuneo (1.900 addetti in cassa integrazione) e di Alessandria (circa 500). Non possono produrre pneumatici. Dalla Russia non arriva "nerofumo": è il "carbon black", pigmento derivato dal petrolio e indispensabile per lavorare le gomme. Ma creerà problemi anche la cellulosa: oltre che dalla Russia, viene importata da Bielorussia e Ucraina. Così potrebbero non esserci i libri di testo per le scuole già alla ripresa di settembre: In assenza di questo polimero del glucosio, stanno chiudendo le energivore cartiere. Simone Lattes, quinta generazione di capitalismo familiare, sulla tolda dell'omonima casa editrice scolastica torinese insieme alla sorella Roberta, spiega: «Ci stiamo muovendo a livello nazionale con l'Aie, l'associazione degli editori». Dalla sede di via Confienza gestiscono gli approvvigionamenti e poi scelgono lo stampatore. Ma a differenza di altri editori, non possono aumentare i prezzi: per la scuola dell'obbligo ci sono tetti fissati per legge. «Arriviamo da due annidi pandemia, le cartiere avevano già aumentato di oltre il 50% il costo della carta grafica, orientandosi di più sul packaging», aggiunge Lattes, impegnato attivamente anche nel Gruppo giovani imprenditori dell'Unione industriali di Torino. «Lo scorso anno, non certo pensando alla guerra – precisa - avevamo fatto più rifornimento di carta per prudenza. Ma non basta. Finché ce ne sarà, stamperemo, chiedendo al Governo un aiuto sul credito d'imposta. Sennò ci dovremo fermare». Situazione diversa alla Cellino-Group di Grugliasco. Il ceo è Fabrizio Cellino, terza generazione della famiglia d'imprenditori che lavora a freddo acciaio e alluminio per veicoli industriali, macchine movimento terra, energia. Contano oltre 1.600 dipendenti e 18 stabilimenti in Europa. «.A Kaluga, nel cluster automotive a 180 chilometri da Mosca, abbiamo dovuto chiudere il nostro impianto lunedì scorso spiega -. Non è una delocalizzazione. Siamo andati lì nel 2015 per rafforzarci e per servire meglio Volvo Truck, che ha già fermato la produzione per protesta contro il Cremlino». Cellino è anche vicepresidente nazionale Confapi. Sta raccogliendo casi simili al loro per interloquire con il Governo. «Il problema? – incalza - Oltre al danno, abbiamo in Russia un conto in rubli che si è svalutato. I regolamenti Ue non consentono di aprirlo in Italia con quella valuta. Se lo trasformiamo in euro, la perdita è secca del 50% e non più recuperabile. Laggiù non c'è cassa integrazione. I nostri operai sono felini, ma paghiamo loro i 2/3 dello stipendio. E se ci congelano o espropriano quel conto? Abbiamo chiesto al ministero dell'Economia di intervenire con Bruxelles per una deroga in situazioni come queste». Cellino Group fattura 300 milioni l'anno. Russia e materie prime potrebbero innescare un'onda d'urto negativa. A Caprie c'è la Smw Autoblock, azienda metalmeccanica di proprieta’ della famiglia Bronzino, specializzata in mandrini di alta qualità, ora multinazionale tascabile. Fatturato consolidato di 100 milioni di euro, un migliaio di dipendenti, 100 in Italia. Giada Bronzino allarga le braccia: «A Mosca avevamo un ufficio di rappresentanza, a Kiev una delegazione commerciale. Diamo per perso il mercato in Russia, Bielorussia e Ucraina, il 5% del fatturato. Ci sono clienti embargati per la tecnologia. In più, come tutti, avremo un impatto grave sulla produzione per le materie prime come acciaio e ghisa che scarseggiano». L'Api di Torino concluderà in settimana una ricognizione sui problemi delle Pmi del territorio nei vari comparti. Anche il food è in affanno. Luca Mecca è titolare della Cono-Artic di Piobesi. Produce coni-gelati: 27 dipendenti, 3 milioni di fatturato, da gennaio al lavoro 24 ore su 24 in vista della bella stagione. «Rischiamo di fermarci in settimana - spiega -. Abbiamo due silos per circa 13mila chili di farina che non arriva più. L'Ungheria, causa guerra, ha bloccato l'export di grano il 4 marzo per timore di non avere risorse. I container sono tornati indietro vuoti». Da sabato Mecca è al Sigep, il Salone del gelato e della pasticceria in corso a Rimini: «Comprare altrove il grano? Costosissimo. E non è detto che si trovi».