Prima il Covid (non ancora passato, ben inteso), ora la guerra. Da un'emergenza ad un'altra. II virus ha ucciso migliaia di sardi, infettando anche l'economia; le bombe russe devastano l'Ucraina con ripercussioni drammatiche per le imprese dell'Isola. E non solo, ovviamente. Dai lockdown al caro-energia, con in mezzo il prezzo del gasolio alle stelle, le materie prime che scarseggiano e pure un blocco dei porti sardi che in parte, dopo 6 giorni, è terminato. Il risultato è purtroppo scontato: centinaia di aziende a rischio chiusura per mancanza di grano, ferro, mais, plastica, carta o legno.
Speculazioni
«La situazione diventa sempre più complessa, si sta passando da un'economia a largo consumo a una speculativa. Ormai le "bolle" sono alt ordine del giorno, prima a causa della pandemia e ora per la guerra - analizza Giorgio Delpiano, numero uno di Confapi Sardegna -. Ovviamente appena compare la bolla speculativa si alzano i prezzi, la produzione si contrae e i prodotti vengono rincarati; il problema è che poi tutto non tornerà più come prima. Ora si aggiunge la scarsità di materie prime e i costi altissimi dell'energia ed ecco che molte imprese rallentano la produzioni o addirittura si fermano in attesa di tempi migliori. L'incertezza è davvero tanta, sempre più imprenditori tirano i remi in barca». L'elenco delle materie prime dai prezzi esorbitanti è lungo, «dal ferro al legno, dalla plastica che serve per gli imballaggi alla carta, dal grano al mais. Viviamo davvero in una situazione allarmante e mi sembra di capire che non si sa come affrontare tutte queste emergenze», conclude Delpiano.
«Di male in peggio»
Tra i settori che soffrono maggiormente la carenza di materie legate allo scoppio della guerra e al conseguente innalzamento di tutti i prezzi, quello dell'edilizia è tra i più colpiti. «Siamo caduti dalla padella alla brace sottolinea il presidente dell'Associazione nazionale costruttori edili della Sardegna, Pierpaolo Tilocca. Dopo oltre dieci anni di grave crisi, è esploso il lavoro complici i Bonus governativi che hanno drogato il mercato nazionale portando anche ad un incremento dei costi notevole e adesso ci troviamo davanti una mancanza di materie prime».
I cantieri
«Faccio un esempio: un'impresa che si è aggiudicata un cantiere pubblico con progetti e calcoli stilati magari dieci anni fa, si trova oggi a dover fare i lavori con i costi attuali all'interno inoltre di una congiuntura internazionale frutto più che altro di speculazioni commerciali; è impensabile incalza il presidente di Ance -I costi di realizzazione diventano insostenibili e per questo i cantieri pubblici, ma non solo, si fermano». Pierpaolo Tilocca ricorda che sostegni governativi «coprono il primo semestre 2021 e tra l'altro con un paniere di 57 voci che non comprendono ad esempio il gasolio, davvero un paradosso». Dal virus alle bombe
«Dopo due anni di pandemia le amministrazioni pubbliche non hanno ancora adeguato i piani sicurezza e di logistica che le imprese devono fare. E ora si passa dalla pandemia sanitaria a quella economica. In Sardegna il prezziario regionale, partorito nel 2018, è fermo; nel frattempo chi esegue manutenzioni stradali paga il conglomerato bituminoso non più 300 euro ma 70o. L'assessore ci ha promesso un adeguamento su alcune parti, speriamo si faccia». Adesso iniziano a mancare anche le materie prime, «l'Italia è succube su tutto, non ha materie prime e non produce semilavorati. Oggi mancano prodotti legati all’efficientamento energetico come il materiale di rivestimento, la produzione di mattonelle sta rallentando e per avere un preventivo sul ferro ormai si aspetta mezza giornata». Risultato, i cantieri si stanno fermando «e altri lo faranno causa forza maggiore».