L’essere umano è sempre stato affascinato dalle parole magiche, quelle che sono capaci, con il loro suono, di risolvere qualsiasi cosa o, perlomeno, di dare senso compiuto a qualsiasi discorso. Momenti storici diversi, così come stadi evolutivi differenti dell'individuo, sono legati ad alcuni di questi vocaboli che, pronunciati, sono stati capaci di diffondere una sensazione prodigiosa e l'aspettativa di eventi miracolosi oppure di sintetizzare il senso di condizioni quasi soprannaturali o comunque superiori. Così tra gli adolescenti degli anni '70 ed '8o usare il termine «sistema» dava compiutezza a qualsiasi sforzo di ribellione o rivoluzione. Negli anni `go «edonismo» nobilitava ogni pulsione egoistica. In tempi più vicini a noi, «eccellenze» e «quant'altro» hanno contribuito a sottolineare l'abbondanza d'impegno e visione di molti oratori. La pandemia ci ha regalato una nuova parola magica: «Resilienza». Uscita dai laboratori di fisica, la resilienza è volata di bocca in bocca diventando fonte d'ispirazione di politici, economisti ed imprenditori; il suo successo è stato così formidabile da accompagnare anche il PNRR, il piano di sostegno economico finanziario che dovrà dare impulso al nostro Paese e rilanciarlo. Essendo però poco avvezzo alle arti della magia, mi sorge un dubbio: mi chiedo, cioè, se non accada che nominando troppe volte una parola magica questa perda la sua efficacia. Guardando al tema in modo più concreto, domando: è sufficiente esortare le imprese ad essere resilienti, perché queste possano davvero agire come se operassero in uno stato dove da decenni si realizzano, per esempio, politiche energetiche ed industriali di lungo periodo? Può, in altri termini, una parola magica obbligare la burocrazia a mettersi a servizio del mondo del fare, invece che inventare quotidianamente ostacoli che complicano lo sviluppo? Ed è forse la mancanza di una bacchetta magica che giustifica il fatto che, pur ripetendo all'infinito la stessa esortazione, non riusciamo a vedere i risultati concreti di tutti questi sforzi?

Non sarà certo l'abuso di resilienza ad aiutare la nostre imprese e il Paese a ripartire, potranno però farlo un mix appropriato di concretezza e di pragmatismo, sarà altrettanto utile avere solidità, non solo patrimoniale che sicuramente aiuta, ma quella propria della roccia, che è capace di frangere l'onda e anche quando è ghiaia, quella dei principi sociali e morali che potranno restituirci il senso di fenomeni che si sono allontanati dal bene comune. Saremo chiamati a valutare se il modello economico basato sulla ricerca della massima efficienza, ottenuta spesso a spese dell'ambiente e dell'equità delocalizzando, sia ancora attuale e possibile iniziare un percorso che rimettendo al centro i valori ci permetta di consumare e produrre con maggiore consapevolezza. Le responsabilità sono condivise da tutti: dal consumatore al produttore, dall'adulto al giovane, dall'imprenditore al lavoratore, dall'elettore all'eletto, perché alla fine saranno i fatti ad avere il sopravvento sulle parole, i comportamenti virtuosi messi in pratica, anche nel piccolo, che aggregati potranno dare concretezza alle esortazioni perché se non saremo capaci di passare dalla magia ai fatti, corriamo il rischio che le parole magiche finiscano per essere foglie di fico. Che allo scadere della mezzanotte le carrozze ritornino ed essere zucche ed i cavalli topolini che faticano a tirare il grande peso dell'economia e delle nostre esistenze. Nel caso in cui si dovesse nuovamente ricorrere ad una parola magica, bisognerà, forse, tornare bambini, cercare un po' di leggerezza, che ci aiuti a superare anche questi momenti di grandi preoccupazioni, e la soluzione la potremmo trovare, forse, in un po' di Bidibi Bodibi Bu.


Corrado Alberto
Presidente Api Torino