Quattro creste taglienti a formare una piramide quasi perfetta, spesso spazzata, da incroci di venti insidiosi. E lì, imponente, che si staglia nel cielo che sovrasta il confine del Nepal con il Tibet. Il Makalù, con i suoi 8.463 metri, aspetta il sessantaquattrenne Silvio Mondinelli, per tutti Gnaro, da Pezzoro il guru degli Ottomila, l'unico italiano, insieme a Reinhold Messner, a scalare le 14 vette più alte senza ossigeno, e uno dei pochi a raggiungere la vetta dell' Everest da entrambi i versanti e il compagno Roberto Manni, valsabbino di Nozza di Vestone, adottato dal Trentino, dove fa la guida alpina e gestisce un rifugio, alpinista più che esperto con esperienze su vette importanti. Mondinelli già da qualche giorno è in Nepal. Ieri è partito Manni. «Sono gasatissimo - spiega mentre si dirige verso l'aeroporto con l'entusiasmo di un bambino che punta il parco giochi - ho la stessa carica che avevo 30 anni fa». Oggi di anni ne ha 59, non ha perso la voglia di avventura e il suo amore per la montagna si conferma inossidabile. Tutta benzina per la nuova scalata himalayana rispetto alla quale non vuole sentire parlare di conti in sospeso. Nel 2009 durante la scalata al Manaslu, sempre nella catena dell'Himalaya, aveva dovuto abbandonare per problemi fisici. «Mi sono accorto che qualcosa non andava quando ero al Campo 4. Ho deciso di tornare indietro e così mi sono salvato. Sono sceso fino al campo 2 e sono rimasto vivo perchè non mi sono fermato. Avevo un edema cerebrale e sono riusciti a curarmi in tempo. Ma con l'Himalaya non ho conti in sospeso. Con la montagna non si-fanno sfide. La si ama e la si rispetta». Anche quando è spietata, come nella spedizione del 2008 sul K2, conclusa tragicamente con la morte, vicino alla vetta, di 11 persone su 25 partecipanti alla spedizione (tra i sopravvissuti Marco Confortola). Il curriculum di Manni recita: esperienze in Perù, Patagonia, Himalaya. Ma la scalata del Makalù è un'altra storia. Altri stimoli. «La faccio con Silvio che è innanzitutto un amico. Ci conosciamo dal 2007. Ci accomunano le origini bresciane, anche se lui sta ad Alagna e io a Campiglio. Siamo sulla stessa lunghezza d'onda, almeno con la testa, perché quanto a capacità, lui è un sacco avanti». Scherza e lascia trasparire ancora di più l'entusiasmo, consapevole, però, della portata della missione. Dopo il periodo di acclimatamento, partiranno per guadagnare la vetta. «Mi aspetto una buona spedizione. Ci siamo preparati bene. Famiglia, amici e sponsor ci supportano in maniera importante. Adesso speriamo nel bel tempo». Pierluigi Cordua, presidente di Apindustria Confapi che ha contribuito alla spedizione, sottolinea il valore sportivo e scientifico della scalata, voluta dalla Federazione Medico Sportiva Italiana, guidata da Maurizio Casasco, pure presidente di Confapi nazionale. E fa una metafora. «L'oggi, così imperscrutabile e denso di criticità umane, sociali ed economiche, è per gli imprenditori una scalata piena di insidie. Seguendo le orme di Manni e Mondinelli, noi tutti dovremo farci trovare pronti, identificando, ancora una volta, energie e soluzioni per attraversare questo momento».