L’intervento
Caro direttore, interveniamo nella polemica, di cui si è occupato il Corriere del Mezzogiorno, relativa al Piano siglato da lnvimit e Comune di Napoli per «la valorizzazione e l'efficientamento del patrimonio immobiliare» della città. Ancora una volta intorno al prestigioso Istituto Italiano di Studi Filosofici si coalizzano le forze più conservative della città per contestare un'iniziativa, stavolta della nuova Amministrazione comunale, volta alla valorizzazione dei «beni comuni». Vale la pena di ricordare che molti di questi sono oggetto di un progressivo degrado a causa dell'abbandono o di scelte passatiste. Considerare infatti questo «Piano» un'operazione speculativa dimostra l'esistenza di un pregiudizio ideologico o l'incapacità di coglierne i metodi, peraltro già consolidati in Italia e all'estero, che qui sarebbero utili anche a contrastare il declino socio-economico. Per comprendere fino in fondo il danno che la polemica Invimit produce, non si può prescindere dalla condizione imposta dal Patto per Napoli di fare cassa attraverso la valorizzazione del patrimonio immobiliare. Ne discende che l'intesa dell'Amministrazione guidata da Gaetano Manfredi con Invimit, (società del Ministero dell'Economia e delle Finanze al loo96), può essere una leva determinante per valorizzare l'ingente patrimonio immobiliare della città e, insieme, dare un contributo significativo all'avvio di una nuova stagione, a lungo attesa, non solo dai napoletani. Al contrario della precedente Amministrazione, che ha rivendicato la gestione del patrimonio immobiliare con- seguendo risultati irrisori il nuovo sindaco compie una scelta diversa, affidando parte del patrimonio ad un soggetto pubblico specializzato che, pur operando nella logica della remunerazione degli investimenti, garantisce le finalità cli interesse pubblico. Il nodo della questione resta dunque politico, che si traduce nei criteri più accorti e puntuali alla base della scelta degli immobili da conferire alla società del Mef. Su tale scelta riponiamo piena fiducia e auspichiamo che si avvii presto un nuovo corso, mettendo finalmente al bando incuria e inutilizzo di «pezzi» anche pregiati del nostro patrimonio immobiliare, grazie una visione moderna che consenta anche il superamento di preconcetti e stereotipi che poco hanno a che fare con l'efficienza di beni e servizi pubblici. In questo quadro, con un bilancio comunale che mette «tutti alla prova» ed evidenti segni di decadenza e mancato sviluppo, tornano in campo i partiti del «No» che con la «mozione in difesa dei beni dei cittadini di Napoli» presentano l'ennesimo atto di opposizione al reale, a possibilità di riqualificazione di un patrimonio che avrebbe bisogno di decoro e nuova vita. E non di fantomatica salvaguardia. Tale proposta, infatti, nega almeno due fatti straordinariamente importanti: innanzitutto la sopravvivenza finanziaria del Comune, propedeutica all'erogazione di servizi degni d'una città europea. E poi, la necessità di un'efficiente gestione del patrimonio, capace cioè di assicurare migliore fruibilità e manutenzione, fondamentali anche per il mantenimento del valore dei beni che, seppure indirettamente, restano asset comunali. Ciò non toglie che, quand'anche valorizzazione significasse alienazione di beni non strategici per la città, si tratterebbe di una scelta politica opportuna e condivisibile, soprattutto alla luce delle precondizioni di sistema evidenziate. Per tranquillizzare gli animi e restituire un'informazione corretta, altrove operazioni di questo tipo sono realizzate senza ostruzionismi. Invimit amministra 1,7 miliardi di euro e gestisce 12 fondi con asset dislocati in circa 80 città italiane. Gli strumenti finanziari costituiti dai fondi immobiliari gestiti da Invimit consentono di raccogliere capitali da poter investire nelle città, assicurando finalità remunerative e non speculative. La missione della società del ministero dell'Economia è, infatti, quella di intercettare e raccogliere capitali «pazienti», la cui attesa di rendimento è nel lungo periodo, con bassi profili di rischio. Sorge quindi il sospetto che il veto contenuto nella mozione emersa a Palazzo Serra di Cassano abbia il sapore di un'opposizione prevenuta e retrograda, che non giovi nel medio e lungo periodo neppure alla porzione di collettività e di interessi che rappresenta. Per concludere, se in questa surreale e un po' polverosa contrapposizione, le forze della conservazione prevarranno su quelle del cambiamento, rischieremo di leggere e subire nuove crisi che, tradotte nella realtà, significano marginalizzazione economica ed esclusione sociale.
(I presidenti di Acen, Claai, Cna, Compagnia delle Opere, Confapi, Confcommercio, Confesercenti, Unione Industriali)