Mille imprese di costruzione a rischio solo a Roma, ma il dato va moltiplicato per dieci se includiamo l'indotto e i fornitori di infissi e materiali edili. Il gran pasticcio nazionale del Superbonus edilizio e dei suoi "fratelli" dalla detrazione per le facciate a quella per gli interventi antisismici sta producendo, dopo gli entusiasmi iniziali, un pericoloso effetto boomerang, come testimoniano i dati Confapi. Le aziende sono sul piede di guerra. E tuttavia, la polemica scoppiata tra le categorie di settore e il governo, colpevole dicono gli imprenditori di aver cambiato le regole in corsa provocando il blocco di una miriade di cantieri, rischia di far dimenticare il peccato originale della misura introdotta nel 2020 per agevolare, con una detrazione-monstre del 110%, i lavori di riqualificazione energetica degli edifici. Misura che non sarà prorogata. Pressato dalla necessità di aiutare subito con ogni mezzo l'economia, strangolata dal Covid, il secondo governo Conte non si preoccupò di condizionare il Superbonus e gli altri aiuti a una seria attività di controllo . Si consentì che i crediti d'imposta potessero essere ceduti senza limiti. E non ci si preoccupò del fatto che per le banche quei crediti non potessero eccedere il livello delle imposte e dei contributi dovuti, oggetto di compensazione. Un sistema così poco trasparente e privo di controlli ha contribuito a gonfiare il gioco nazionale delle ristrutturazioni - 34 miliardi di detrazioni prenotate, già oltre le previsioni di spesa - con due conseguenze nefaste. Da una parte è scattata la speculazione sui prezzi dei materiali, il cui aumento è solo in parte dovuto alla crisi politica internazionale. Dall'altra, si è messo in moto un vortice di truffe colossali, fino ai 5,6 miliardi accertati di recente dalla Guardia di Finanza e spalmati sui vari tipi di bonus edilizi. Dopo gli allarmi lanciati da Mario Draghi e da Daniele Franco, il governo ha deciso di stringere la cinghia rendendo più difficile e selettiva la cessione dei crediti. Crediti che le banche, a loro volta, hanno cominciato a non scontare più per evitare di essere coinvolte in reati, lasciando così le imprese costruttrici con il cerino in mano. Secondo la Cna, 33 mila aziende italiane rischiano il fallimento. A questo punto, il governo ha deciso di correre ai ripari con un emendamento al Decreto Aiuti ter che allarga in qualche misura la possibilità di cedere i crediti. Ma indipendentemente dall'accorgimento introdotto (e fermo restando il "no" ad un allungamento dei termini), tutta questa vicenda testimonia ancora una volta come nel nostro paese la cultura della vigilanza e dei controlli - quelli veri sul campo e non quelli di carta bollata, inutilmente vessatori - sia ancora lontana dall'imprimersi nel nostro modo di governare e di legiferare.