L'allarme di Ance e Confapi: :11 decreto Aiuti non basta a tranquillizzare le banche»
L'emendamento per sbloccare la cessione dei crediti derivanti dai bonus edilizi non soddisfa le associazioni dei costruttori. Nella notte tra lunedì e martedì le Commissioni Bilancio e Finanze della Camera hanno approvato l'emendamento al decreto Aiuti secondo cui le banche potranno cedere il credito a tutti i soggetti diversi da consumatoti o utenti. Una manovra volta ad incentivare la ripartenza dei cantieri sospesi. Ma le associazioni di categoria frenano gli entusiasmi e mostrano qualche perplessità.
La prudenza
C'è un certo grado di prudenza, per non dire scetticismo, da parte dei rappresentanti di categoria secondo i quali «non è la prima volta che cambiano I e regole in corso d'opera» afferma Stefano Violoni, presidente di Ance Marche. A non convincere le imprese edili è soprattutto il costo della cessione che si aggira tra il 15 e il 20% dell'intero ammontare del progetto - spiega Roberto Torretti, presidente Confapi - ciò significa che da un 110% di bonus si arriva ad un 90%».Tanto che il consiglio che Ance Marche, ad un certo punto, ha rivolto a tutti i suoi associati è stato di «tenersi i crediti e portare avanti i lavori che garantiscono un'entrata nelle casse dell'impresa tale da poter sostenere le prospettive di tasse e contributi che devono essere pagati nei quattro anni successivi» suggerisce Violoni. Linea condivisa anche da Confapi, eccetto per aziende ben strutturate che possano mettere in campo una pianificazione finanziaria che consenta di innescare il meccanismo d ella cessione del credito.
La tempesta perfetta
A complicare il quadro, nel mentre, è arrivata anche l'altalena dei prezzi delle materie prime. «Una tempesta perfetta» la definisce Torretti, dentro la quale sono finiti decine di cantieri edili ancora al palo. «Tra la fine del 2022 e l'inizio del 2023 molte aziende salteranno» è l'oscuro presagio del presidente di Confapi. Una convergenza di fattori di rischio che potrebbe essere evitata solamente diversificando le attività dell'impresa. «Ovvio che se un'impresa ha puntato tutto sul bonus è normale che vada in difficoltà di liquidità - specifica Violoni - per questo ho suggerito di attuare un piano di diversificazione dei Lavori: interventi pubblici, sisma, 110». Quindi diverse tipologie di intervento dove le imprese possano puntare su più ambiti lavorativi «e diversificare è sicuramente una soluzione adeguata per avere liquidità in cassa e non andare dalle banche a cedere crediti fiscali e, di conseguenza, evitare di pagare questo famoso 15-20% di oneri». Ora la palla è nelle mani delle banche, da cui dipende la ripartenza del settore.
Le banche
«Se bastasse questa nuova norma a far stare tranquilli gli istituti di credito, allora si rimetterebbe in moto tutto il settore» auspica Violoni. Altrimenti si sta già verificando che «molte aziende continuino ad ultimare i cantieri pur lavorando sottocosto – spiega Torretti - a causa dei rincari delle materie prime». A preoccupare è la continua oscillazione dei prezzi che costringono ad aggiustamenti addirittura settimanali. «Chi è intenzionato a voler chiudere comunque i cantieri, lo fa pur di mettere un punto e andare avanti - continua il presidente di Confapi -, ma è praticamente sicuro che molte imprese, alla fine dei conti, non riusciranno a restare in piedi». Insomma. l'assist del dl Aiuti non basta.