In Piemonte, regione che nell'ultimo periodo fiutava la ripresa grazie allo slancio dei fondi del Pnrr, sono in tanti a sentirsi vittime del «Draghicidio». Il problema è che senza il governo questi soldi potrebbero essere in bilico in quanto strettamente legati a riforme che rischiano di non vedere mai la luce. Per il mondo dell'impresa (in alcuni settori, come l'automotive, più di altri) la prospettiva di rimanere senza benzina per completare la trasformazione industriale è la peggiore in assoluto, così come lo è per i sindacati che parlano di imminente allarme sociale se i rincari non verranno fermati e si disperano per tutte quelle riforme che senza l'esecutivo rischiano di rimanere su carta. «Si apre un periodo di grande incertezza che da un lato rischia di compromettere l'appuntamento con le riforme indispensabili per raggiungere gli obiettivi del Pnrr, dall'altro fa perdere credibilità internazionale al Paese, allontanando gli investitori e sfiduciando gli imprenditori che hanno da sempre necessità di regole chiare e stabilità. A cascata le conseguenze di scelte irresponsabili a livello nazionale coinvolgeranno anche il nostro territorio» dice Dario Gallina, presidente della Camera di commercio e imprenditore nel settore della lavorazione di materie prime plastiche. «Il Piemonte rischia grosso, così come tutto il Paese» riflette il presidente dell'Amma, Stefano Serra, che però lancia la palla oltre il tema dei fondi del Pnrr: «Quella è una partita per buona parte consumata. Il tema è che chi ci rappresenterà dovrà comunque rappresentare gli interessi del Paese». E aggiunge: «Quando vuoi capire una cosa irrazionale come questa ti domandi: a chi va a vantaggio? Il vantaggio di questi signori è chiaro e non è servire il mandato che hanno ricevuto». A vacillare sono soprattutto i «piccoli», cioè quel mare magnum di imprese con pochi dipendenti. Per loro la crisi è inspiegabile:
«Stiamo assistendo a qualcosa di inaudito e inaccettabile. Questo Paese non si merita una classe politica così irresponsabile una politica di questo genere. Le nostre imprese, gli italiani, l'Europa si aspettano un paese stabile, governato con razionalità ed efficacia. Oggi tutto questo non sta accadendo» è lo sfogo di Fabrizio Cellino, numero uno di Api Torino e vicepresidente CONFAPI.
Anche i sindacati, che avevano in programma un incontro con Draghi il 27 luglio per discutere le misure salva stipendi, tremano. «Ci avevano promesso l'apertura di vari tavoli su una serie di questioni irrisolte come il rinnovo dei contratti, il cuneo fiscale o la riforma previdenziale» ricorda Gianni Cortese, segretario generale della Uil Piemonte. «Con l'attuale situazione torna tutto in alto mare. Siamo molto preoccupati per coloro che rappresentiamo; proprio nel momento in cui aspettavamo qualche risposta salta tutto». Anche Alessio Ferraris, segretario generale Cisl Piemonte, dipinge uno scenario preoccupante: «Per la prima volta, dopo 40 anni di militanza nel sindacato, sono davvero spaventato. Eravamo riusciti a impostare riforme mai fatte e poi, guarda caso, cade il governo per motivazioni ridicole e cinismo senza confini». Anche Giorgio Airaudo, segretario generale della Cgil piemontese, guarda avanti. «Per noi i temi restano quelli di sempre: dobbiamo sostenere i salari, rivedere le pensioni, abbiamo bisogno di calmierare i costi energetici e fermare l'inflazione. Si vada pure a votare, da parte nostra continueremo a sostenere queste proposte, aspettiamo tutti al varco in campagna elettorale».